Segno della misericordia e della benevolenza di Dio
VISITA A BOSE DI SUA SANTITÀ, IL CATHOLICOS-PATRIARCA DELLA CHIESA ASSIRA D’ORIENTE, MAR AWA III
Nei giorni 20-22 novembre 2022 abbiamo avuto la gioia di accogliere tra di noi S. S. il Catholicos-Patriarca della Chiesa Assira d’Oriente, Mar Awa III, accompagnato dai vescovi Mar Paulus di Chicago e Mar Abris, ausiliare di Erbil, che si trovava già in Italia per rendere visita a papa Francesco.
Il Patriarca Mar Awa è arrivato nella tarda mattinata di domenica 20 e al vespro è stato ufficialmente accolto con il discorso di benvenuto del priore Sabino. Da parte sua, il Patriarca ha voluto rivolgere alcune parole alla comunità e agli amici presenti, commentando brevemente il brano dell’Apostolo proclamato durante il vespro (Col 1,12-20).
La sua presenza tra di noi è stata segnata dalla semplicità e dalla fraternità. Egli ha voluto visitare i vari luoghi del monastero, intrattenersi a lungo a parlare con i fratelli e le sorelle durante i pasti condivisi nel refettorio della comunità, e lunedì pomeriggio ha accolto anche l’invito ad incontrare nuovamente tutta la comunità per parlarci della situazione della sua chiesa, la Chiesa Assira d’Oriente.
Quest’ultima da circa un secolo è stata messa a dura prova dalle turbolenze della situazione politica medio-orientale (l’ultimo grande esodo di cristiani assiri dall’Iraq è stato provocato dalle persecuzioni promosse dall’Isis) e oggi è presente soprattutto in alcuni paesi della diaspora occidentale (Stati Uniti, Canada, Svezia, Australia, Nuova Zelanda): una situazione di grande precarietà che non manca di suscitare problemi e interrogativi, soprattutto circa la possibilità di continuare a preservare la cultura religiosa assira e la lingua siriaca (in cui viene celebrata la liturgia) e di trasmetterle come un patrimonio vivo e prezioso alle nuove generazioni. La Chiesa Assira d’Oriente può vantare una storia antichissima, una ricca tradizione monastica e molti santi, tra cui Isacco il Siro (o di Ninive) e altri padri siriaci, per cui la nostra comunità ha da sempre nutrito un amore particolare.
Grati al Signore per questa opportunità di incontro fraterno e di comunione nella fede, abbiamo assicurato al Patriarca il ricordo e la preghiera della Comunità per lui e per la sua chiesa, e lo abbiamo invitato a tornare di nuovo a Bose. Anche da parte sua egli ci ha invitato ad andare a trovarlo presso la sua sede patriarcale, a Erbil (Kurdistan iracheno).
Il Patriarca e il suo seguito sono ripartiti martedì mattina, dopo aver impartito una benedizione ai fratelli e alle sorelle venuti a rivolgergli il saluto.
Pubblichiamo di seguito il discorso di saluto del priore Sabino e l’omelia del patriarca Mar Awa.
Discorso di benvenuto rivolto al Patriarca Mar Awa III
Bose, 20 novembre 2022
Santità, Catholicos-Patriarca della Chiesa Assira d’Oriente, Mar Awa III
Cari Vescovi, Mar Paulus e Mar Abris,
è con grande gioia e con sentimenti di vivo ringraziamento al Signore e a voi che vi do il benvenuto nel nostro monastero. Lo faccio a nome dei fratelli e delle sorelle di Bose, e degli ospiti che hanno voluto unirsi a noi. Tra loro vi è l’arcivescovo metropolita di Vercelli, Marco Arnolfo, che ringrazio per la sua presenza. Il nostro vescovo Roberto ci raggiungerà più tardi, accompagnato dal cardinale Arrigo Miglio che, avendo saputo della vostra presenza, ha espresso il desiderio di venire a darvi il suo saluto. Altri vescovi del Piemonte, impossibilitati ad essere di persona per impegni già assunti, hanno manifestato la loro vicinanza.
La vostra visita è un dono grande, che ci rallegra profondamente. Vi accogliamo tra noi come un segno della misericordia e della benevolenza di Dio per questa nostra comunità, che sorpassano ogni nostra attesa.
Insieme a voi, accogliamo l’amata Chiesa Assira d’Oriente che lei, Santità, presiede come pastore attento e amorevole. Una Chiesa antichissima e ricca di doni. Erede dell’antica Chiesa siro-orientale che qui a Bose da lungo tempo abbiamo imparato a conoscere, apprezzare e amare.
Una Chiesa che abbiamo scoperto così attenta alle sante Scritture, a noi monaci tanto care. Fedele custode della Parola di vita, nelle alterne vicende di una storia non sempre facile.
Una Chiesa missionaria, che ha saputo irradiare la buona notizia dell’Evangelo di Cristo fino agli angoli più remoti della terra, nelle culture più diverse, in dialogo con le altre religioni che ha via via incontrato.
Una Chiesa di martiri, più volte messa a dura prova, dai primi secoli fino alla catastrofe dell’inizio del secolo scorso, quando ha subito un vero e proprio genocidio e ha dovuto assistere all’esilio di tanti suoi figli e figlie, e dello stesso Patriarca.
Una Chiesa di uomini e donne dello Spirito, che ha visto fiorire una tradizione monastica ricca di frutti, i cui riflessi, traditi negli scritti giunti sino a noi, sono ancora per molti motivo di ispirazione e di consolazione. Penso ai santi Isacco di Ninive, Giovanni di Dalyata, Simone di Taibuteh, Dadisho’ Qatraya, Giuseppe Hazzaya e tanti altri.
Noi monaci e monache di Bose, Santità, abbiamo ricevuto moltissimo dai loro scritti, e tanti nostri ospiti insieme a noi. Per questo li abbiamo tradotti e pubblicati nella nostra casa editrice. La sua presenza in mezzo a noi, oggi, ci dà l’occasione di rendere grazie a Dio per questo dono grande che la Chiesa da lei presieduta ha fatto a tutte le Chiese e all’umanità intera. Le loro parole sono un tesoro prezioso ancora oggi per tanti uomini e donne che vi trovano aiuto e consolazione nella loro ricerca dell’unico Signore. A uno di loro, Isacco di Ninive, abbiamo dedicato anche l’ultimo dei nostri convegni ecumenici di spiritualità orientale, dove abbiamo avuto la gioia di ospitare come suo rappresentante il vescovo del Canada, Mar Emmanuel.
Ma il nostro rendimento di grazie è anche per l’oggi della Chiesa da lei presieduta. Cogliamo l’occasione della sua visita per esprimere la nostra vicinanza ai cristiani assiri che, in Medio Oriente e nella diaspora, restano fedeli al dono di fede che hanno ricevuto. Come non pensare in particolare ai cristiani dell’Iraq, dove lei, seguendo l’esempio del suo predecessore SS Mar Ghiwarghis, ha fissato la sede patriarcale dopo anni di esilio, in una situazione che sappiamo non facile? Un segno di speranza per quella terra che ha visto nascere la Chiesa siro-orientale!
Vogliamo anche ringraziarla, Santità per il suo impegno convinto e instancabile a favore dell’unità dei cristiani, come mostra anche la visita appena compiuta al vescovo di Roma, papa Francesco. Un cammino, quello dei cristiani verso l’unità visibile, che ci sta particolarmente a cuore, Santità, essendo noi monaci e monache appartenenti a Chiese cristiane diverse. Questo nostro vivere insieme vuol essere infatti un’invocazione per tutte le Chiese e per l’unità visibile tra di esse.
Sappia, Santità, che noi la ricordiamo, insieme al popolo della Chiesa assira, ai suoi vescovi e ai suoi presbiteri. Anche lei ci ricordi nella sua preghiera al Signore, perché possiamo restare fedeli alla nostra chiamata di cristiani e di monaci, e soprattutto di discepoli del Signore che non si stancano di operare e di pregare per la pace tra i popoli e per il pieno ristabilimento della comunione tra tutte le Chiese.
Grazie ancora, Santità, e ci benedica.
Omelia di S. S. Catholicos-Patriarca Mar Awa III
Comunità Monastica di Bose
20 Novembre 2022
Ringraziamo con gioia il Padre che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce. È lui infatti che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto, per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati. Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui. Egli è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa; il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti, per ottenere il primato su tutte le cose. Perché piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli.
(Col 1,12-20)
Cari fratelli e sorelle nel Signore:
Accolgo fin dall’inizio quest’opportunità per ringraziare — da parte mia e dei miei fratelli vescovi della Chiesa Assira d’Oriente—la Comunità monastica di Bose per quest’accoglianza fraterna data a me e ai miei compagni. La mia particolare gratitudine va al superiore della comunità, il priore Sabino Chialà, per accoglierci quest’oggi fra di voi, cari fratelli e sorelle nel Signore Nostro. Ho sempre sentito parlare della Comunità monastica di Bose, e del suo atteggiamento verso il mondo dei padri siriaci, e a causa di questo sono sempre voluto venire di persona per poter conoscere meglio e da vicino la vostra beneamata comunità. Invoco la benedizione del Signore sul monastero e sulla comunità intera, affinchè Gesù Cristo sia lodato e glorificato attraverso il vostro sforzo spirituale per far avanzare il Regno di Dio fra gli uomini.
Miei cari, il testo delle Sacre Scritture appena letto e ascoltato, preso dalla lettera di San Paolo Apostolo ai Colossesi, riporta le parole dell’Apostolo ai neofiti della Chiesa di Colossi, che probabilmente non aveva nemmeno visto di persona pur avendo essi accettato il Vangelo di Cristo—il quale dà la luce allo spirito di ciascuno e anche la coscienza dei misteri celesti per chi crede in Cristo. E questa coscienza data da Dio, ci fa partecipare alla sorte dei santi di Cristo—quegli uomini (e anche donne, si capisce) che sono perfezionati in Cristo tramite la loro fede e la loro vita santa. Questa coscienza, dunque, non è la sapienza del mondo, ma quella che viene dall’alto, come dice il Libro del Siracide (15,1): “Così agirà chi teme il Signore; chi è fedele alla legge otterrà anche la Sapienza.”
È vero che l’umanità prima era nemica di Dio, essendo schiava del peccato e delle opere oscure della tenebra. E di fronte a ciascuno di noi c’è sempre questa tentazione, di abbandonare la bellezza spirituale e la luminosità della vita nello Spirito Santo per il mondo tenebroso che ha una falsa bellezza. Questa tentazione, ovvero questo comportamento dell’uomo decaduto, ci segue sempre nella vita, e c’è sempre una lotta fra lo spirito e la carne; fra le opere dello Spirito e della luce, e le opere vane della carne, cioè della tenebra. E questa lotta ci seguirà per tutta la vita, finché non lasceremo questo mondo.
Però, l’Apostolo ci ricorda le grandi grazie che abbiamo ricevuto in Cristo, assai potente e in grado di tirarci fuori dall'oscurità di questo mondo. Così afferma San Paolo: “È lui infatti che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto...” (Colossesi 1,13). Il Signore non ci lascerà mai, nella misura in cui siamo fedeli a lui e ai precetti del Santo Vangelo, e alla sua parola. Il potere di Dio è molto più grande della debolezza degli uomini.
Inoltre, questo Figlio diletto di Dio, che è Dio nella sua stessa natura, non soltanto dà la coscienza spirituale a chi la chiede, ma anche la vita eterna. Nel versetto 14 aggiunge S. Paolo, “...per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati.” Ed esattamente cosa significa, o qual è quest’opera del Figlio diletto di Dio? Non è altro che la Croce, e il suo stesso sacrificio sulla Croce. Un sacrificio che ha origine nel profondo dell’amore di Dio per noi uomini. E come il Padre ha amato il Figlio—perciò Lui è il Figlio diletto—così il Figlio ha amato noi, affinchè noi ci amiamo gli uni gli altri in Lui. In Cristo, anche noi diventiamo diletti del Padre, ed egli ci ama come ama il suo stesso Figlio.
Inoltre, il Figlio tramite quest’opera ci dona il frutto della redenzione, ovvero la remissione dei nostri peccati. E penso che questo sia il più bel frutto del sacrificio del Figlio... Egli ci concede pienamente la vita eterna. E questa vita eterna non è una realtà che adesso non è tangibile per noi, o lontana da noi. Infatti, in un certo senso essa è già realizzata, benchè in modo limitato, ma realmente e attualmente. Infatti, il Signore Gesù ha cominciato la sua stessa predicazione dicendo che il Regno è vicino: “Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: ‘Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino’“ (Matteo 4,17). E ha
comandato anche ai suoi discepoli di proclamare la vicinanza del Regno agli uomini: “E strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino“ (Matteo 10,7).
Anche la seconda parte del brano letto stasera è piuttosto dogmatica. San Paolo conferma quello che possiamo chiamare “il primato universale” di Gesù. Egli è “Dio da Dio,” come proclamiamo solennemente nel Credo di Nicea. Nella sua natura divina, Gesù Cristo “...è prima di tutte le cose” (v. 17), e siccome il Padre ha creato tutto tramite il Figlio, Egli stesso sostiene l’intero universo creato, “...e tutte le cose sussistono in Lui” (v. 17). In quanto vero uomo, Gesù detiene il primato anche fra tutti gli esseri umani, non in una maniera profana. Essendo egli il “Primogenito dei morti”, come ci spiega San Paolo, il Cristo è il “vero uomo,” cioè riassume in se stesso che cosa vuol dire essere umano, proprio perché è stato Lui ad essere risuscitato dai morti con un’esistenza umana “ricreata” secondo lo Spirito, e con il pieno assenso del Padre stesso. Perciò, la preminenza di Cristo permea tutta la creazione. Così commenta Mar Isho’dad di Merv, un grande esegeta della Chiesa Assira: “...e non solo perché iniziò per primo nella risurrezione, ma fu anche primo per grandezza d'onore, perché tutte le creature onorano la sua grandezza per la sua unità con il Verbo.”
E tutto questo che cosa vuol dire? Cosa significa per noi? Significa appunto che il Signore Gesù Cristo ha preso quello che era nostro (cioè la nostra natura umana), e ci ha dato quello che era suo—vale a dire, la sua natura divina—come dice appunto l’Apostolo Pietro: ci ha fatto partecipare alla natura divina. A causa di questo, dobbiamo sempre tenere presente la grazia che il Signore ci ha consegnato, e l’altezza alla quale ci ha innalzato. Infine, Gesù ha operato la riconciliazione, e infatti continua a riconciliare in ogni tempo il mondo con suo Padre. Per noi cristiani, questa riconciliazione si realizza nel sacramento del battesimo, nel quale veniamo adottati proprio come figli di Dio per grazia. Quanto è bello poter vivere questo dono nella nostra vita quotidiana, e nei nostri rapporti umani. Amen.