#Fraternità #Salmo133
Ecco com’è bello, com’è dolce
vivere insieme come fratelli [e sorelle]!
È come olio prezioso e profumato
versato sul capo di Aronne
che scende profumando la sua barba,
che scende fino al bordo delle vesti.
È come la rugiada dell’Ermon
che scende sui monti di Sion,
là il Signore manda la benedizione,
la vita per sempre.
Ciao amica,
Ciao amico,
“Homo homini aut deus, aut lupus”: mi piace citare questo detto di Erasmo da Rotterdam contenuto nei suoi Adagia piuttosto che il più conosciuto “Homo homini lupus”. Il secondo forse descrive coerentemente la realtà in cui siamo immersi e che è “banalmente” sotto gli occhi di tutti, il primo cerca di offrire un orizzonte di senso, vede nell’essere umano non solo la iettatura di essere per il proprio simile un mero lupo famelico e vorace, ma anche la possibilità di diventare se stesso accogliendo l’altro come Dio stesso. Il detto di hobbesiana memoria mette al centro l’istinto di sopravvivenza, il detto erasmiano propone un’alternativa: la convivenza consapevolmente coltivata, la fraternità, che ci rende simili a Dio. Non a caso il film Des Hommes et des dieux di Xavier Beauvois (2010) che narra la vicenda dei monaci trappisti di Tibhirine, tessitori di amicizia e fraternità nell’Algeria martoriata dalla lotta spietata tra “i fratelli della montagna” – così i monaci chiamavano, per desiderio di pace, i partigiani islamici – e “i fratelli della pianura”, i militari e le forze di polizia, cita all’inizio il salmo 82: “Voi siete dèi, siete tutti figli dell’Altissimo!’. Altissima vocazione dunque quella alla fraternità, che attinge la sua forza dal cuore stesso di Dio. Aggiunge però il salmo, spazzando via ogni facile illusione o idealizzazione: “Eppure morirete come ogni uomo, cadrete come tutti i potenti!”. La fraternità affonda le sue radici in Dio stesso, si intreccia con la vita comunionale divina, ma è assai fragile. La Bibbia lo esprime chiaramente: la fraternità è una sfida tutt’altro che semplice. La prima relazione fraterna, quella tra Caino e Abele, narrata al capitolo 4 del libro della Genesi sfocia in un fratricidio. E la storia di Giuseppe e dei suoi fratelli (cf. Gen 37-50) è un fallimento delle relazioni fraterne dal momento che esse sono pilotate dalla gelosia, la causa prima di tensioni, paure, rancori, rivalità, conflitti, odi violenti. La riconciliazione ci sarà ma sarà un cammino lungo, lunghissimo (di circa vent’anni)…
La fraternità si può spezzare in un attimo, ricucirla necessita la tessitura paziente di un’intera vita perché sia autentica e porti al perdono e non sia un inutile e affrettato rattoppo. Ma occorre che ciascuno faccia la sua parte, accetti di essere parte di una storia di male in cui si è contemporaneamente complice e vittima, non aggiunga violenza alla violenza, vendicandosi del torto subito, e risponda con semi di bene e con il desiderio di entrare nella verità, operare cambiamenti interiori e arrischiare trasformazioni radicali sognando un futuro insieme diverso. Proprio il vescovo di Roma Francesco ricorda nella densissima enciclica “Fratelli tutti” che la fraternità è innanzitutto un sogno, un nuovo sogno collettivo da invocare nella preghiera:
“Signore e Padre dell’umanità,
che hai creato tutti gli esseri umani con la stessa dignità,
infondi nei nostri cuori uno spirito fraterno.
Ispiraci il sogno di un nuovo incontro, di dialogo, di giustizia e di pace.
Stimolaci a creare società più sane e un mondo più degno,
senza fame, senza povertà, senza violenza, senza guerre.
Il nostro cuore si apra
a tutti i popoli e le nazioni della terra,
per riconoscere il bene e la bellezza
che hai seminato in ciascuno di essi,
per stringere legami di unità, di progetti comuni,
di speranze condivise. Amen”.
Alla scuola del salmo 133 apprendiamo che il vivere insieme come artigiani di fraternità è bello ed è soave. “Il suono di queste parole è così dolce che anche coloro che non conoscono il salterio sanno cantare questo versetto”, dice Agostino di Ippona. La fraternità ci inebria come il profumo di un olio prezioso. L’olio è quello dell’unzione del sommo sacerdote, discendente di Aronne: tutto il suo corpo, dalla testa ai piedi, è raggiunto dal balsamo. Aggiunge ancora Agostino: “È per grazia di Dio che i fratelli vivono insieme: non per le loro capacità, né per i loro meriti, ma per dono e grazia di Dio, come la rugiada che scende dal cielo … Dovete sapere cos’è l’Ermon. È un monte molto distante da Gerusalemme, cioè da Sion … Ermon significa ‘luce innalzata’ … La luce innalzata è Cristo, e da lui proviene la rugiada dell’Ermon. Voi tutti che volete vivere insieme, dunque, desiderate questa rugiada, lasciatevi bagnare dalla sua pioggia!”. La fraternità è un dono che ci precede, è il desiderio di Dio stesso che ha trovato in Gesù un itinerario concreto di attuazione, il suo sogno di amore per l’umanità intera, e perciò appello per noi a una responsabilità creativa e generativa. Scrive un monaco benedettino: “È Dio che dona di vivere nella fraternità e che si rende egli stesso percepibile, riconoscibile nella bellezza del vivere insieme come fratelli. La fraternità è frutto della benedizione di Dio e nello stesso tempo è il luogo in cui la benedizione di Dio diviene manifesta e assaporabile”.
Buon cammino di fraternità, dunque!
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