Da funzionario a uomo credente
13 aprile 2024
Gv 4,43-54 (Lezionario di Bose)
In quel tempo,43partì per la Galilea. 44Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. 45Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch'essi infatti erano andati alla festa.
46Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l'acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. 47Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire. 48Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». 49Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». 50Gesù gli rispose: «Va', tuo figlio vive». Quell'uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino. 51Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». 52Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un'ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». 53Il padre riconobbe che proprio a quell'ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia. 54Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.
Il brano di oggi ci presenta il secondo miracolo, il secondo segno di Gesù raccontato nell’evangelo di Giovanni. Il primo era stato a Cana di Galilea in cui Gesù aveva trasformato durante un pranzo di nozze l’acqua in vino per non far svilire la festa.
Ora, di nuovo a Cana, viene ridonata la vita ad un bambino morente facendo rivivere pienamente anche il padre. Sono segni che rivelano l’identità di Gesù, il suo essere racconto del grande amore di Dio per noi, di Dio che desidera la gioia nella comunione per tutti noi, e desidera la vita ri-donandola, come prima l’aveva donata.
Il racconto si apre con la richiesta di un ufficiale regio che viene a Gesù dopo aver saputo di lui, del suo agire e del suo parlare, per chiedergli, nell’angoscia, la guarigione del figlio. È l’uomo e non Gesù, che prende l’iniziativa venendo da lui. È probabilmente un pagano, un uomo che ha sicuramente un certo potere, ma che, nonostante il potere, sperimenta come tutti noi l’impotenza di fronte al male, alla malattia. Malattia, male di chi ama. Sappiamo bene anche noi che il male, la sofferenza colpisce quasi più chi ama veramente, il padre in questo caso, forse più di chi ne è colpito direttamente. Quest’uomo riconosce la realtà che vive e si affida a Gesù.
La risposta di Gesù può sembrare strana: “Se non vedete segni e prodigi, voi non credete (v.48)”. Il funzionario del re però non stava cercando la fede, voleva la salvezza, la vita del figlio. La risposta di Gesù è innanzitutto per gli apostoli che sono con lui, per noi, oggi tardi a credere, desiderosi di certezze e di miracoli, desiderosi di vedere per poi credere. Il funzionario insiste, e Gesù gli dona la sua Parola, quella parola che desta la fede oltre alla guarigione del bambino.
C’è qui un miracolo nel miracolo; colui che prima era stato designato come funzionario del re, dal suo ruolo, dal suo lavoro, ora viene chiamato uomo e poi padre. Proprio costui, in questo crescendo di umanità, arriva a credere pienamente alla Parola di Gesù.
Gesù non segue il funzionario a Cafarnao, come lui aveva desiderato, ma gli dona la sua Parola e tutto avviene grazie alla fiducia di quest’uomo in Gesù: non ha preteso, ha chiesto, ha aspettato fiducioso, ha creduto. Ha creduto alla vita più che alla morte, al male.
La Parola ha narrato il grande amore che Dio ha per ciascuno di noi e la Parola ha operato in colui che crede. La fiducia ha portato l’uomo alla vita, perché la fede, la fiducia è vita. Che cosa sarebbe la nostra vita se non ci potessimo fidare di alcuna parola?
Noi sappiamo come il perdere la fiducia in una persona è tanto doloroso e mette in discussione tanti aspetti della vita. E quest’uomo crede, ha fiducia, si mette in cammino, ritorna verso casa e potrà constatare come questa fiducia abbia portato al figlio la vita che lui chiedeva, proprio nell’ora in cui Gesù gli aveva donato la sua Parola.
“Credette in lui con tutta la sua famiglia” (v. 53). È una fiducia, una fede che nasce dal racconto, dalla storia. La Parola va narrata tra di noi, condivisa, approfondita e così vive in noi. La fede è questo: credere che la verità ultima della storia sarà la vita, non la morte, la luce, non le tenebre. La morte ci aprirà alla vita piena e questa fiducia ci fa vivere già oggi bene, insieme.
A noi non è dato ora di vedere, ma di aver fiducia, credere, aderire, perché nella nostra vita abbiamo incontrato Gesù nella sua Parola.
Il Vangelo di Giovanni in una prima conclusione riassume tutto questo: “Molti segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché credendo abbiate la vita nel suo nome (21,30)”.
sorella Margherita