Credere in Gesù è entrare in una relazione
19 aprile 2024
Gv 6,16-29 (Lezionario di Bose)
In quel tempo, 16venuta intanto la sera, i discepoli di Gesù scesero al mare, 17salirono in barca e si avviarono verso l'altra riva del mare in direzione di Cafàrnao. Era ormai buio e Gesù non li aveva ancora raggiunti; 18il mare era agitato, perché soffiava un forte vento. 19Dopo aver remato per circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. 20Ma egli disse loro: «Sono io, non abbiate paura!». 21Allora vollero prenderlo sulla barca, e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti.22Il giorno dopo, la folla, rimasta dall'altra parte del mare, vide che c'era soltanto una barca e che Gesù non era salito con i suoi discepoli sulla barca, ma i suoi discepoli erano partiti da soli. 23Altre barche erano giunte da Tiberìade, vicino al luogo dove avevano mangiato il pane, dopo che il Signore aveva reso grazie. 24Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. 25Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».
26Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 27Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». 28Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». 29Gesù rispose loro: «Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato»
Nel sesto capitolo del quarto vangelo l’autore sviluppa una teologia dell’eucaristia centrata sul discorso del pane di vita. Gesù ha appena moltiplicato i pani per i cinquemila uomini, come anticipazione della sua consegna come pane vivo disceso dal cielo.
È un discorso difficile quello che Gesù fa ai discepoli, e molti se ne andranno per questo. Ma Gesù non fa altro che affermare l’esigenza dura del Vangelo, che ci chiede di abbandonare le nostre aspettative umane, la nostra pretesa di conoscere e attendere un messia conforme ai nostri desideri più che alla volontà e all’opera di Dio.
Subito dopo la moltiplicazione dei pani Gesù si ritira sul monte da solo proprio per sfuggire a quelli che volevano farlo re. Già questo ci mostra l’alterità totale rispetto alla modalità umana di vivere l’attesa del messia, non solo ai suoi tempi, ma ancora oggi, se pensiamo al nostro modo di vivere la religione come tentativo di stabilire qui e ora un mondo di giusti che possiedono la verità e tentano di imporla a tutti, senza rendersi conto che questo è solo un modo per esorcizzare le proprie paure senza affrontarle, illudendosi che la soluzione possa trovarsi in un Dio del soprannaturale che appaga le nostre aspettative umane.
Gesù mette in discussione tutto questo: non si fa trovare, lascia che i discepoli affrontino il mare agitato da soli, lascia che tutti lo cerchino da una riva all’altra del mare. Tutto il racconto è costruito sul gioco tra presenza e assenza di Gesù.
Qual è dunque la ragione profonda che ci spinge a cercare Gesù, qual è la fame, la sete che ci fanno vivere ed esistere? Dove possiamo trovare forza, senso, coraggio per andare avanti, per andare oltre il mare agitato di questo tempo, di questa nostra seppur breve esistenza?
La risposta la dà Gesù stesso nell’ultimo versetto che abbiamo letto: “Questa è l’opera di Dio che crediate in colui che egli ha mandato”.
La vera adorazione eucaristica che il Signore ci chiede è la fede in Gesù, il Figlio che il padre ha mandato non per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Credere nei vangeli non è il frutto di un ragionamento intellettuale, ma è prassi di vita, di prossimità del Signore Gesù, di desiderio di incontrarlo nelle nostre esistenze, desiderio di relazione che ci conduce attraverso le nostre vite travagliate a riconoscerlo, a prenderlo con noi perché sia lui a condurci al porto sospirato.
Credere in Gesù significa entrare in una relazione che ci apre un orizzonte nuovo di fiducia, di speranza, di coraggio, perché osiamo non accontentarci di essere saziati qui e ora, di sperimentare il godimento spirituale effimero di un istante, ma accogliamo l’invito ad andare al largo avanzando su acque profonde senza paura, non più soli.
Nelle nostre quotidiane fatiche, nelle acque agitate della vita lui ci viene sempre incontro, si fa vicino: “Io sono, non abbiate paura”. Lo sguardo di ogni discepolo dopo il mattino di Pasqua è sguardo proteso al futuro, che sa render grazie nonostante tutto perché nella fatica delle nostre affannate ricerche di senso il Signore vuole condurci a sé, perché le nostre vite sempre siano illuminate dalla luce della Pasqua.
Non abbiamo paura dunque, di annunciare Cristo Risorto in questo tempo di oscurità, non abbiamo paura di rendere grazie sempre, non abbiamo paura di annunciare e perseguire sempre la pace anche quando questo sembra totalmente irrealistico. Non abbiamo paura di metterci all’ascolto della domanda di senso, di vita, di pace che abita il cuore di ogni essere umano. Solo così noi siamo testimoni del Crocifisso risorto, colui che è la pace al cuore della sua comunità.
fratel Nimal