Liberi per servire
15 maggio 2025
Dal Vangelo secondo Luca - Lc 12,32-40
In quel tempo Gesù disse:" 32Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.33Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. 34Perché, dov'è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
35Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; 36siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. 37Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. 38E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell'alba, li troverà così, beati loro! 39Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. 40Anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo».
Il brano di Luca previsto per la festa di san Pacomio è uno dei tre testi evangelici che ancora oggi i monaci del deserto egiziano ascoltano ogni mattina nella preghiera comune, a ricordare quotidianamente due verità: lo stretto legame tra vigilanza e servizio e – aspetto forse ancor più sorprendente – l’annuncio che il Signore al suo ritorno si cingerà le vesti per servire i discepoli vigilanti.
Così quell’atteggiamento di servizio che il Signore Gesù ha vissuto nella sua carne umana – fino a congersi le vesti per lavare i piedi ai discepoli, fino a deporre la propria vita per gli amici – è lo stesso atteggiamento che il Signore avrà quando tornerà nella gloria. Il servizio della carità non avrà mai fine e la nostra vigilanza o è una carità capace di servizio oppure non è vigilanza alla sequela del Signore e Maestro. Anche il Signore glorioso, infatti, sarà a servizio di tutti. Quanto più allora anche noi dobbiamo servirci vicendevolmente e metterci a servizio di ogni essere umano.
È così, nel servizio reso da alcuni cristiani a dei soldati pagani, che Pacomio ha potuto discernere il volto di Cristo. È così, nel servizio reso ai fratelli – e con essi e attraverso di essi a tutti e tutte – che Pacomio ha vissuto il suo discepolato cristiano nella forma della vita monastica. “Se sarò liberato dall’angustia in cui mi trovo, servirò gli uomini”, aveva affermato la giovane recluta Pacomio: solo le persone libere possono servire le altre. Se manca la percezione, la consapevolezza di essere liberi, liberati perché siamo stati serviti da fratelli e sorelle e dal Signore presente in loro, non è possibile alcun servizio davvero liberante, non è possibile la vigilanza nell’amore, non è possibile attendere né riconoscere il Signore che ancora oggi viene – e tornerà – non per essere servito ma per servire.
Da uomo libero Pacomio ha servito i fratelli, si è preso cura delle loro infermità fisiche e morali, si è cinto le vesti e li ha serviti fino all’ultimo, fino a morire in quel servizio ai fratelli afflitti dalla peste. Anzi, potremmo dire che Pacomio è morto delle infermità dei fratelli, non tanto per il contagio della peste, ma per la contagiosità della sua carità: farsi carico fino all’ultimo delle malattie dei fratelli è stato per lui il modo di restare vigilante in attesa del ritorno del Signore, un Signore che Pacomio ha saputo riconoscere perché lo ha contemplato rivestito degli abiti del servitore: il Signore della gloria è il servo che lava i piedi, nell’ultima cena, ma anche nell’ultimo giorno.
Anche noi allora sappiamo qual è il nostro cammino di discepoli e discepole che intendono essere vigilanti, sappiamo a cosa dedicarci ora e fino all’ora della nostra morte: al servizio della carità.
fratel Guido