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XXVI Domingo do Tempo Comum


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Nell’odierna parabola evangelica (cf. Mt 21,28-31), il figlio che ha risposto “no” all’invito del padre e poi, “pentitosi”, “avendo provato rimorso”, ha fatto la volontà del padre, rivela che il credere passa a volte anche attraverso un ricredersi. L’obbedienza alla parola e alla volontà di Dio passa a volte attraverso uno smentire la propria parola e la propria volontà. La fede non ci chiede di non sbagliare e di non peccare, ma di riconoscere l’errore e di confessare il peccato.

In quel “ricredersi” c’è il dialogo interiore, c’è la presa di coscienza della realtà, c’è l’audacia di guardare in faccia se stessi, preliminare essenziale per l’agire responsabile. Insomma,  c’è l’inizio del movimento verso la responsabilità, della decisione di passare dall’irresponsabilità alla responsabilità. In questo senso, lungi dall’essere un segno di debolezza, il pentimento è segno di coraggio e di forza. Per quanto sia raro e impopolare, anche nella chiesa, il gesto di chi riconosce di aver sbagliato, di chi ammette di aver assunto posizioni che si sono rivelate poco conformi al Vangelo e muta la propria posizione cercando di essere più fedele al Vangelo, è segno di grandezza umana e spirituale.

Nel cristianesimo il pentimento è la via maestra per accedere alla volontà di Dio. “Noi cristiani abbiamo il privilegio di disporre di un metodo altro, rispetto alla mondanità, per avvicinarci alla verità: il pentimento” (Christos Yannaras).

I due figli della parabola sono entrambi in contraddizione tra il dire e il fare. Ma con una differenza essenziale. Il figlio che dice “no” si espone a un conflitto con il padre, con una persona esterna a lui, e questo lo conduce a prendere coscienza del suo conflitto interiore e a mutare opinione. Cosa che non avviene in chi risponde “sì” e che compiace l’altro, si adagia sull’altro, non si espone conflittualmente all’altro e può evitare di guardare alla tentazione della disobbedienza che abita pure in lui. Per Matteo è evidente che coloro che vivono nel “sì” sono i religiosi (sacerdoti e anziani del popolo: Mt 21,23) che possono non sentirsi bisognosi di conversione perché già “a posto”, a differenza di coloro che invece vivono nel “no”, pubblicani e prostitute, e che possono fare spazio al Vangelo ed entrare nel Regno.

LUCIANO MANICARDI

Comunità di Bose
Eucaristia e Parola
Testi per le celebrazioni eucaristiche - Anno A
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