Notizie dalla comunità
Cammino monastico
Il capitolo annuale di fine gennaio è stato preceduto anche quest’anno dal ritiro comunitario, predicato da p. Armand Veilleux, abate trappista di Scourmont che ci ha condotto attraverso l’incessante cammino di conversione al Signore, che costituisce l’essenziale della vocazione monastica comunitaria. Con fraterna empatia p. Armand ci ha reso partecipi della sua sapienza e della sua lunga esperienza monastica, concludendo le meditazioni con un approfondimento sulla vita e la testimonianza dei monaci di Tibhirine in Algeria, da lui accompagnati per anni e visitati un mese prima del loro tragico rapimento.
Ed è proprio nel solco di questo impegno alla continua conversione che si collocano le tappe dell’itinerario monastico che segnano la vita di ciascun fratello e sorella. Così nella veglia di Pentecoste la Comunità ha accolto liturgicamente sr. Giulia, giunta al termine del suo percorso di noviziato: l’impegno a vivere stabilmente il celibato e la vita comune con le sorelle e i fratelli l’accompagnerà nel tempo di probandato che ora l’attende, fino al momento della professione. Professione monastica definitiva che quest’anno, nella notte della Trasfigurazione, emetteranno altri due fratelli, affidandosi per tutta la vita alla misericordia del Signore e alla comunione fraterna.
Cimitero
Alla vigilia della Domenica delle Palme - “Sabato di Lazzaro” secondo l’espressione della tradizione ortodossa, che in quel giorno fa memoria della resurrezione di Lazzaro – abbiamo benedetto con una celebrazione ecumenica il cimitero della Comunità, situato sulla collina sovrastante Bose, e vi abbiamo traslato le spoglie di fr. Edoardo e di Umberto, un girovago che ha vissuto gli ultimi anni della sua vita con noi a Bose.
Nel corso di molti anni avevamo dapprima ipotizzato, poi progettato e infine realizzato un luogo dove i corpi dei fratelli e delle sorelle potessero riposare in attesa del giorno glorioso del Signore. Un luogo semplice, immerso nella natura, da dove la vista spazia verso i monti e la pianura, non lontano dall’eremo destinato alle giornate personali di deserto.
La liturgia, semplice e pregnante, ha volutamente rivestito un carattere ecumenico, grazie alla presenza di ministri delle tre confessioni cristiane cui apparteniamo come fratelli e sorelle di Bose. Per la parte cattolica era presente il vescovo di Biella + Roberto Farinella, che ha officiato insieme a un nostro presbitero, fr. Raffaele. In rappresentanza della Chiesa ortodossa, era presente l’igumeno p. Victor del monastero del S. Salvatore di Arona, cui ci lega una bella amicizia, accompagnato dal metropolita + Jean di Doubna, arcivescovo delle Chiese ortodosse di tradizione russa in Europa occidentale, in quei giorni in visita pastorale in Italia. Per le Chiese della Riforma, il nostro fr. Daniel, pastore della Chiesa riformata di Svizzera, ha commentato il brano evangelico della resurrezione di Lazzaro, riaffermando la comune fede nella resurrezione.
Al canto del Suscipe me, Domine e del tropario della resurrezione, le spoglie di fr. Edoardo e di Umberto sono state asperse, incensate e affidate alla terra in attesa del giorno in cui Cristo, primogenito dei morti che risorgono, trasformerà il nostro corpo mortale a immagine del suo corpo glorioso.
Il priore fr. Sabino ha poi ringraziato i presenti – parenti di fr. Edoardo, amici della Comunità e abitanti di Magnano – facendo sue le parole dell’apostolo Paolo ai cristiani di Tessalonica: “Non vogliamo, fratelli e sorelle, lasciarvi nell’ignoranza a proposito di quelli che sono morti, perché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Se infatti crediamo che Gesù è morto e risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti” (1Ts 4,13-14). La benedizione impartita congiuntamente dal vescovo + Roberto, dal metropolita + Jean e da fr. Daniel ha infine congedato i presenti, alla soglia della Settimana santa.
Ecumenismo e dialogo
Oltre alla ripresa, con programma e svolgimento più seminariale e coinvolgente, dei convegni internazionali di spiritualità ortodossa, quest’anno abbiamo avviato altre iniziative che cercano di rendere più quotidiana la ricerca dell’unità dei cristiani e la fecondità del dialogo con le altre fedi, con un’attenzione particolare verso le nuove generazioni.
L’estate scorsa abbiamo organizzato, in collaborazione con la Commissione per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso del Piemonte e della Valle d’Aosta, la prima Summer School islamo‐cristiana, in cui si sono incontrati giovani cristiani e musulmani tra i 18 e i 30 anni provenienti da Piemonte e Valle d’Aosta. Nei quattro giorni di convivenza, diverse attività di formazione, riflessione e scambio, a partire dall’identità religiosa specifica a ciascuno, hanno fornito spunti per “tessere comunità”, in un clima di dialogo tra vita di fede cristiana e islamica vissute nel contesto italiano. Scandite dal ritmo della preghiera – quella rituale islamica e la liturgia monastica delle ore – le giornate hanno saputo attivare dinamiche di amicizia e di collaborazione tra i giovani e le giovani partecipanti. Da loro stessi è venuta la proposta di organizzare periodicamente incontri anche più brevi in cui, da un lato, rinsaldare i legami creatisi e, dall’altro, coinvolgere altri coetanei in questo prezioso scambio. Così un weekend di inizio giugno ha riunito una seconda volta vecchi e nuovi partecipanti e ha posto le basi per ulteriori momenti di riflessione condivisa.
Anche all’interno del programma delle consuete settimane bibliche e di spiritualità abbiamo voluto che l’attenzione alla dimensione ecumenica costituisse un elemento precipuo di due settimane. La prima pensata per i giovani attorno al tema evangelico “Voi siete il sale della terra”: le differenze di appartenenza e di tradizione possono trasformarsi da motivo di divisione a spinta per l’incontro con l’altro, e costituirci testimoni di fraternità che dà sapore alla convivenza nella nostra società ormai variegata anche dal punto di vista confessionale.
La seconda iniziativa, in collaborazione con l’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, è stata pensata in particolare per quanti operano in tale ambito: rileggere “Discorsi e figure negli Atti degli Apostoli” sotto la guida di fr. Daniel (riformato) e fr. Giancarlo (cattolico) ha permesso di cogliere l’opera lucana non tanto come una storia della Chiesa primitiva, ma piuttosto come uno specchio in cui ci si può opportunamente mirare per fare discernimento sul proprio vissuto. Tra ideale di comunione sempre da cercare e conflitti o tensioni che occorre superare, vi sono persone concrete: Stefano, Pietro e Paolo, ma anche figure più nascoste come Barnaba o Anania, e tante altre. Questi attori, profondamente umani e non privi di contraddizioni, hanno contribuito a edificare la Chiesa una nella diversità e ci stimolano a diventare anche noi, umilmente, fattori di unità e collaboratori di quell’opera per la quale Gesù ha pregato nella vigilia della sua passione.
Taizé e Grandchamp
Verso fine gennaio, al cuore della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, abbiamo avuto il dono della visita di fr. Alois, priore di Taizé, accompagnato da fr. Benoît. Un incontro atteso che realizzava un desiderio condiviso: poter dialogare in fraterna amicizia su quanto più sta a cuore alle due Comunità, nella ricerca di una rinnovata fedeltà alla comune vocazione monastica e alla testimonianza del vissuto quotidiano tra cristiani appartenenti a diverse confessioni. Riandare insieme all’essenziale della nostra vita, alle sfide e alle difficoltà che essa pone, ai doni che elargisce quotidianamente se si è capaci di discernerli e capaci di accoglierli, è stato per noi occasione di comune rendimento di grazie al Signore.
Dal 17 al 19 aprile poi, il priore, fr. Sabino, la responsabile delle sorelle, sr. Silvia, e fr. Daniel, uno dei primi fratelli di Bose, hanno a loro volta reso visita alla Comunità di Taizé. Era una specie di ritorno alle fonti, giacché fu a Taizé che, nell’estate del 1966, Daniel incontrò Enzo e decise di unirsi al progetto di una vita comunitaria a Bose. Taizé era allora un polo di attrazione ecumenico fondamentale per i giovani cristiani di ogni confessione, la cui spiritualità era stata risvegliata dal concilio Vaticano II appena concluso. Se allora Taizé era una comunità monastica inserita nel mondo protestante, con larga apertura ecumenica, negli stessi luoghi vi si potevano anche incontrare alcuni frati francescani e suore di Saint-André, nonché una rappresentanza ortodossa. Era un forte segno dell’ecumenismo che si viveva in quel tempo. La liturgia che vi si celebrava spinse molti a riscoprire la vita ecclesiale.
Accolti al nostro arrivo con grande gioia e fraternità da fr. Matthew, dopo la preghiera di mezzogiorno abbiamo condiviso il pranzo nel refettorio dei fratelli. Purtroppo, fr. Alois era in quarantena, ma abbiamo potuto comunque incontrarlo anche lungamente. Ci sono stati bei momenti di confronto con i fratelli, centrati in particolare sull’ascolto reciproco e l’esercizio dell’autorità in una comunità monastica, così come sul modo di comporre le varie diversità proprie di ogni comunità, sull’accoglienza dei giovani in una vita monastica e sui problemi liturgici che questa accoglienza implica.
Accompagnati da un fratello empatico e sorridente, abbiamo visitato i vari luoghi della Comunità, i laboratori di ceramica e di fabbricazione di diversi oggetti artistici, i luoghi di incontro dei giovani, il negozio e la nuova parte del cimitero, dove ci siamo raccolti davanti alla tomba di quel grande amico della Comunità che fu fr. Pierre-Yves Émery; in precedenza avevamo visitato la piccola chiesa romanica e il cimitero dove riposa fr. Roger.
Ospiti delle Soeurs de St. André per un pranzo e l’eucaristia, ci siamo sentiti anche là in profonda consonanza con le preoccupazioni di questa Comunità. Sempre l’ecumenismo vi è vissuto in modo profondo, pur nelle difficoltà che incontra ovunque nelle diverse chiese. E ci si chiede perché sia così difficile per le istituzioni ecclesiastiche immaginare che cristiani di diverse confessioni possano vivere insieme nella pace e nella semplicità.
L’indomani, lo spostamento dal “villaggio” affollato di giovani ospiti di Taizé alla più piccola Comunità di Grandchamp, vicino a Neuchâtel (in Svizzera), è stato già un’occasione di ascolto: sr. Pierrette, priora di Grandchamp per una decina d’anni, che era di passaggio a Taizé, lungo il tragitto ci ha raccontato un po’ delle origini dei rapporti tra Taizé e Grandchamp, e di come nei decenni le due Comunità abbiano assunto profili propri, in piena comunione, nutrita anche dal riferimento alla stessa Regola. Il nostro viaggio ha progressivamente assunto il sapore della Visitazione. È stato un incontrarsi riconoscendo la stessa ricerca di Dio, in forme legate e insieme distinte, un viaggio tra monaci e monache che vivono una comunità ecumenica, che pregano e lavorano per l’unità nella diversità. Comunità con cui in particolare i primi fratelli e le prime sorelle di Bose hanno avuto legami e scambi, a cui si sono ispirati nel pensare alla vita a Bose, dalla Regola alla liturgia, a molto altro. Come non ricordare, con particolare gratitudine, il lungo soggiorno di sr. Christiane di Grandchamp nella nostra Comunità per sostenere l’inizio della presenza delle sorelle di Bose? Ad attenderci, l’attuale priora sr. Anne‐Emmanuelle con le altre sorelle. Momenti di scambio personale e di confronto con tutte le sorelle, sia professe che in formazione, hanno nutrito il tempo con loro, giovani e meno giovani sorelle provenienti da chiese diverse e da paesi anche molto distanti. Il ritmo della preghiera nella semplice e suggestiva cappella dell’“Arche” – locale in legno un tempo destinato all’essicazione e lavorazione dei tessuti – ha accompagnato il rendimento di grazie per la possibilità di incontrarsi rinsaldando i legami fraterni. Ritrovare e poter comprendere, o almeno intuire, alcune scelte dei primi tempi di Bose è stato per tutti noi un vero dono. Dono da condividere oggi in Comunità. Dono da ricevere come eredità da custodire facendola vivere e rinnovandola nell’oggi. E nel domani. Insieme.
Incontri tra Comunità sorelle
Sabato 21 gennaio le sorelle di Bose hanno fatto visita ai fratelli e alle sorelle ortodosse del monastero di Cristo Pantocratore ad Arona (NO) e alle sorelle benedettine del monastero dei Ss. Pietro e Paolo a Viboldone (MI). Nell’intenzione delle rispettive Comunità di alimentare scambi fraterni anche attraverso visite reciproche, che rinsaldino la comunione e la fraternità, le nostre sorelle si sono dapprima recate ad Arona, dove vive una piccola comunità di fratelli e sorelle ortodossi, i quali, aperti al servizio ecclesiale che prestano ai vari fedeli della loro chiesa, cercano di vivere una vita monastica che sia sensibile allo spirito dei credenti e degli uomini e delle donne di oggi.
Pur nella precarietà materiale della loro esperienza monastica – precarietà che, come ci ha spiegato l’igumeno p. Victor Cretu, ha segnato per alcuni anni il loro cammino –, essi cercano di mantenere vivo lo spirito della tradizione monastica cristiana e ortodossa nell’ambiente in cui sono stati accolti nella diocesi di Novara, aperti alle esigenze che via via si manifestano loro come possibili cammini da percorrere. Lo spirito ecumenico che li anima contraddistingue anche l’iconografia: insieme alle icone dei santi tradizionali e contemporanei della loro Chiesa annoverano icone di padri monastici del periodo medievale occidentale. Questo sentire ecumenico, questo alimentarsi a vari livelli dell’unica linfa della tradizione è stato un ulteriore fattore che, insieme alla loro amicizia e accoglienza, al sentire ecclesiale, al vivere insieme fratelli e sorelle e alla ricerca di ciò che in ogni persona si rivela come autenticamente umano, ha fatto percepire alle nostre sorelle una profonda sintonia e ha fatto crescere in tutti noi il desiderio di una maggiore conoscenza e comunione, nell’unica sequela del Signore Gesù nella forma di vita monastica.
Le sorelle sono poi state accolte dalle monache benedettine del monastero di Viboldone, cui ci lega un’amicizia di lunga data: il monastero è situato alle porte di Milano, e le sorelle cercano di incarnare quotidianamente questo “stare sulla soglia” dell’umano vivere cittadino, in ascolto dell’altro e nella disponibilità a offrire spazi di silenzio e di accoglienza per tutti coloro che cercano vie di pace e di ricerca di sé stessi e del Signore. Con viva sororità, la badessa m. Anna Maria e le monache di Viboldone hanno aperto la loro vita a questo momento di comunione, momento in cui le nostre sorelle hanno potuto gustare ancora una volta com’è bello e com’è dolce vivere come sorelle insieme (cf. Sal 133,1), e percepire in profondità come nell’unica ricerca di Dio nella vita monastica le nostre due Comunità siano profondamente unite e come tutte e tutti noi siamo compagni di cammino. Apertesi a scambi fraterni, queste sorelle, di lunga tradizione ed esperienza umana e monastica, hanno fatto percepire alle nostre sorelle la bellezza della sequela fedele e perseverante del Signore e il dolce balsamo della vita fraterna, tale anche nelle eventuali debolezze e le fragilità, come quella dell’anzianità, vissute non come ostacoli alla carità fraterna, ma come occasioni per scendere ancora più in profondità nella ricerca di ciò che è essenziale e che, solo, rimane.
Grati al Signore e a queste sorelle e fratelli che hanno accolto le nostre sorelle, speriamo che questi momenti possano, in varia forma, ripetersi ed essere occasione per approfondire sempre di più la nostra comune ricerca del Signore nella forma di vita monastica.
Analoga fraternità caratterizza i nostri rapporti con la Comunità di Cristo Redentore a Qaraqosh in Iraq che, dopo sofferte peripezie negli anni della guerra e delle violenze a opera di Daesh, ha potuto reinsediarsi nei pressi di Mosul e costruire un nuovo monastero.
Da qualche tempo questa Comunità, appartenente alla Chiesa siro-cattolica, ha accolto come novizio – con la benedizione del suo patriarca Mar Awa II – un giovane assiro, Sargon. Dopo un primo tempo di discernimento in loco, la Comunità ha chiesto che Sargon potesse proseguire il suo noviziato a Bose per un tempo prolungato. Così da alcuni mesi la sua presenza nel nostro quotidiano è dono prezioso e fonte di rendimento di grazie al Signore che rende possibile questa comunione nell’essenziale della sequela cristiana e monastica.
Anche i passaggi e le brevi soste a Bose di singoli monaci e monache non sono mai disgiunti dai legami che fioriscono e crescono con le loro rispettive Comunità. Ricordiamo in particolare fr. Emanuele, priore, e fr. Andrea del monastero cistercense Dominus tecum di Pra’d Mill; fr. Tomas della Comunità protestante Christustraeger in Svizzera; fr. Giorgio, sr. Maria Cristina, fr. Alberto e sr. Cristina della Comunità di Marango; p. Michel di Chevetogne e sr. Kirsten dell’abbazia trappista di Brecht, divenuti per noi preziosi dispensatori della loro sapienza monastica; fr. Andrea, priore, e fr. Elia della Comunità benedettina SS. Trinità di Dumenza, da cui proviene il caro fr. Luca, nuovo abate di Montecassino; m. Noemi, badessa delle benedettine di Bastia Umbra che, assieme a d. Gianni Caliandro, rettore del seminario di Molfetta, hanno guidato una sessione di formazione all’esercizio fraterno dell’autorità; sr. Agnès e sr. Isabelle delle Soeurs de St. André, che con noi condividono la passione e l’impegno per l’unità dei cristiani; sr. Haregewine, che in passato ha trascorso lunghi periodi a Bose e che da alcuni anni ha dato vita a un monastero benedettino in Etiopia; il vescovo di Trondheim (Norvegia) + Erik Varden, già abate trappista di Mount Saint Bernard in Inghilterra. A tutte e tutti loro siamo grati per l’amicizia fedele e lo scambio di doni che ogni incontro rinnova nella comune sequela del Signore.
Sinodalità e primato
La Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa – di cui fa parte da diversi anni anche il priore fr. Sabino – a inizio giugno ha tenuto la sua XV sessione plenaria ad Alessandria d’Egitto, ospite del Patriarcato greco-ortodosso di Alessandria e di tutta l’Africa.
La Commissione, co-presieduta dal cardinale + Kurt Koch, prefetto del Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani, e dal metropolita Job di Pisidia, del Patriarcato Ecumenico, ha raggiunto un accordo su un nuovo documento dedicato a “Sinodalità e primato nel secondo millennio e oggi”; un testo che ha conosciuto una preparazione lunga, parte della quale avvenuta a Bose, dove il Comitato di coordinamento si è riunito per due volte.
Nel comunicato congiunto pubblicato al termine dei lavori si sottolinea come “la discussione si sia incentrata sulla sinodalità e sul primato in Oriente e in Occidente nel corso del secondo millennio, dando per quanto possibile una lettura comune della storia, e offrendosi reciprocamente l’opportunità di dialogare in uno spirito di apertura per promuovere la comprensione e la fiducia reciproche, presupposti essenziali per la riconciliazione all’inizio del terzo millennio”.
I partecipanti – diciotto membri cattolici e i rappresentanti di dieci Chiese ortodosse: il Patriarcato Ecumenico, il Patriarcato di Alessandria, il Patriarcato di Gerusalemme, il Patriarcato di Romania, il Patriarcato di Georgia, la Chiesa di Cipro, la Chiesa di Grecia, la Chiesa di Polonia, la Chiesa di Albania e la Chiesa delle Terre Ceche e della Slovacchia – hanno lavorato in un clima di fraterna parresia, fino a giungere alla tanto attesa approvazione del documento che ribadisce con forza il principio teologico già presente nei documenti di Ravenna e Chieti, ovvero che la sinodalità e il primato sono “interrelati” e “interdipendenti”; questo, si legge, è “un principio fondamentale nella vita della Chiesa”. Se da parte cattolica c’è stato il pericolo di enfatizzare eccessivamente il primato e di sottovalutare la sinodalità, va onestamente riconosciuto che da parte ortodossa c’è stato il pericolo di uno squilibrio opposto. Traendo una lezione molto importante dalla sua indagine storica, il documento di Alessandria allude a entrambi questi pericoli: la Chiesa, infatti, non è propriamente intesa come una piramide, con un primate che governa dall’alto, ma nemmeno come una semplice federazione di Chiese autosufficienti. Lo studio storico della sinodalità e del primato nel secondo millennio ha dimostrato l’inadeguatezza di entrambe queste visioni, sottolineando ripetutamente la continua presenza effettiva della sinodalità in Occidente e del primato in Oriente anche durante il secondo millennio, così che risulta “chiaro che per i cattolici romani la sinodalità non è solo consultiva e per gli ortodossi il primato non è solo onorifico”.
Guardando al futuro, il documento afferma che “ciò che è richiesto nelle nuove circostanze è una nuova e corretta applicazione dello stesso principio di governo”, perché è “intrinsecamente legato al servizio dell’unità della Chiesa a livello locale, regionale e universale”.
L’unità nella fede e nella vita rimane il comune obiettivo, in accordo con la preghiera di nostro Signore affinché i suoi discepoli “siano tutti una cosa sola” (Gv 17,21), in vista del quale “ortodossi e cattolici romani si impegnano a trovare il modo di superare l’alienazione e la separazione che si sono verificate durante il secondo millennio”.