La violenza delle parole - Confronto con Vera Gheno
5 novembre 2023
I fratelli e le sorelle, insieme ai molti ospiti presenti per l’occasione, hanno partecipato a un confronto con Vera Gheno, sociolinguista e ricercatrice presso l’Università di Firenze. Nell’incontro mattutino, la relatrice ha esposto i suoi argomenti intrecciando con sapienza le conoscenze apprese in anni di studio con notizie di attualità e il sostrato personale e familiare; gli stessi argomenti sono stati quindi ripresi e approfonditi nell’incontro pomeridiano grazie al ricco scambio di domande e risposte.
Il tema scelto per questa giornata era “La violenza delle parole”, titolo che richiama alla mente l’odio che spesso anima una cattiva comunicazione e ne è al contempo veicolato; tuttavia, Gheno ha scelto di partire dalla comunicazione come frutto dell’amore. Se la possibilità che l’umanità abbia sviluppato il linguaggio orale dalla necessità, per le madri, di rassicurare i loro neonati quando non potevano mantenere il contatto fisico con loro è solo un’ipotesi di ricerca, per quanto suggestiva, è invece palese che ciascuno e ciascuna di noi impara a parlare solo perché le persone che ha intorno a sé parla e, soprattutto, ci parla; del resto, è con la parola che annunciano la venuta al mondo di un nuovo essere umano assegnandogli un nome e sempre attraverso la parola è possibile rispondere alla domanda più importante: chi sono?
Proprio qui, però, si nasconde l’insidia principale della comunicazione. La parola può tanto definire, includere e identificare quanto stigmatizzare ed escludere, esercitando così un potere il cui effetto può essere, a seconda dei casi, dei contesti e delle intenzioni, generativo o distruttivo. A ciò si aggiunge il fatto che viviamo in una società sempre più complessa e difficile da comprendere, che esalta il punto di vista individuale e fornisce ampie possibilità di espressione: se da un lato questo permette a tante persone e categorie una presa di parola fino a poco tempo fa impensabile, dall’altro accresce le dissonanze e può provocare un senso di disagio quasi istintivo: l’essere umano è costitutivamente attratto dai suoi simili e tende a rifuggire la diversità.
Di fronte a questa realtà complessa, le parole non hanno certo il potere di modificarla; hanno però quello, non meno importante, di plasmare la percezione che ne abbiamo, ad esempio riproducendo il nostro punto di vista fino a rinchiuderci in una visione parziale con l’illusione che sia l’unica vera e totale, o trasmettendo in modo più o meno esplicito una divisione tra un “noi” più che roseo e un “loro” verso cui indirizzare disprezzo e odio. Nei nostri giorni, termini come fake news e hate speech sono molto diffusi; tuttavia in un contesto in cui il “villaggio” globale profetizzato da Marshall McLuhan somiglia più a una serie infinita di villette a schiera circondate da mura altissime e invalicabili, rischiamo di applicarli ad altri senza renderci conto di esserne noi stessi vittime delle une e attori dell’altro. Occorre pertanto lavorare in primo luogo su di sé, coltivare la propria curiosità quale antidoto alla chiusura e al ripiegamento sulle proprie certezze: un richiamo alla responsabilità personale che non è semplice esercizio delle virtù, ma contributo alla costruzione di una società autenticamente democratica. Fondamentale, in quest’ottica, il riferimento a Tullio De Mauro, maestro che più di tutti ha ispirato il percorso scientifico di Gheno, e alla sua opera Per un’educazione linguistica democratica, riflessione tanto acuta quanto inascoltata dalla nostra classe politica: come il logos è necessario per diventare uomini e donne, così lo è una scuola democratica per costruire una polis di cui ciascuna persona possa sentirsi ed essere cittadina.