Il rimedio più efficace: la preghiera
Fratelli, sorelle,
sta scritto nella nostra Regola, in quel paragrafo 16 che parla dei momenti critici della comunità e dei singoli:
“Questi giorni [cioè, i giorni di crisi della comunità] sono giorni di prova e tentazione in cui il divisore passa al vaglio la tua vocazione come il grano. Confida che Cristo ha pregato anche per te affinché la tua fede non venga meno e tu associati in questa preghiera per i fratelli e le sorelle” (RBo 16).
I giorni difficili di una comunità amplificano e fanno da cassa di risonanza alle crisi personali fino a mescolare le situazioni e a rendere il discernimento problematico. La Regola qui indica una pista da seguire: leggere alla luce della fede ciò che a ciascuno sta accadendo. La crisi sempre è una prova, un vaglio per la fede di ciascuno.
Cogliere la crisi come prova della fede significa anzitutto ricordare il momento iniziale della vocazione chiedendosi: perché sono venuto qui? E ricordare non tanto le letture che facciamo a posteriori della nostra uscita di casa per venire in comunità, letture che, in contesti di crisi comunitaria, a volte si presentano a noi con il volto della verità finalmente scoperta, ma che spesso sono solo la narrazione che noi facciamo a noi stessi a un certo punto del nostro cammino esistenziale e di cui restiamo prigionieri e che a volte nemmeno vogliamo passare al vaglio delle parole altrui. Si tratta perciò di ricordare ciò che ci ha affascinato, il desiderio che ci ha attratti, la passione che ci ha spinti, il télos verso cui abbiamo deciso di incanalare la nostra vita, insomma la promessa dischiusa dal Vangelo. E poi chiedersi che cosa ci fa restare oggi. E tutto passare al vaglio di quel vangelo da cui solo può scaturire una risposta non epidermica, ma rispettosa della nostra verità e del nostro cammino.
Dunque, nel pieno della prova di fede costituita dalla crisi, ecco che la Regola ci pone di fronte al Vangelo e ci chiede di applicare a noi le parole di Gesù a Pietro ricordate nel vangelo secondo Luca: “Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano, ma io ho pregato per te, affinché non venga meno la tua fede” (Lc 22,31-32). La Regola chiede di credere che anche ciascuno di noi è destinatario della preghiera di Gesù e invita ciascuno ad associarsi alla preghiera di Gesù. Noi spesso lo dimentichiamo, ma centrale nella nostra vita di fede e anche per la nostra azione è la preghiera. La preghiera. La preghiera personale. La preghiera che ci induce a portare davanti al Signore i nostri fratelli e le nostre sorelle ogni giorno ma poi in modo particolare nei momenti di difficoltà. Ben sapendo, ma anche qui la nostra fede è messa alla prova, che la preghiera, come dice Benedetto nella sua Regola, è “il rimedio più efficace” (Regola di Benedetto XXVIII,4), molto più di quanto possiamo mettere in campo noi pur con tutta la nostra buona volontà e le migliori intenzioni. Così, come prova della fede, la crisi passa al vaglio se noi crediamo alla preghiera di Gesù per noi e se crediamo alla potenza della preghiera, o se in verità non ci crediamo. E vaglia la nostra fede chiedendoci se preghiamo o no.
Perciò, fratelli e sorelle, siamo sobri e vigilanti, perché il nostro Avversario, il divisore, come leone ruggente si aggira cercando una preda da divorare. Resistiamogli saldi nella fede per poter vivere le crisi personali e comunitarie come prova e vaglio della fede. E tu, Signore, abbi pietà di noi.
fratel Luciano