Cristiani da Bisanzio a Belgrado
“Fra pochi giorni riprenderà a Belgrado il dialogo teologico (tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa) sul tema fondamentale della koinonia... Io spero e prego – ha proclamato Benedetto XVI ai vespri ecumenici nel duomo di Ratisbona – che questi colloqui portino frutti e che la comunione con il Dio vivente che ci unisce, come la comunione tra noi nella fede tramandata dagli Apostoli, si approfondiscano e maturino fino a quell’unità piena, dalla quale il mondo può riconoscere che Gesù Cristo è veramente l’inviato di Dio, il Figlio di Dio, il Salvatore del mondo. ‘Perché il mondo creda’ è necessario che noi siamo una cosa sola: la serietà di questo impegno deve animare il nostro dialogo”. E’ in questo medesimo spirito e con il medesimo impegno che si apre oggi a Bose il XIV Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa, annuale occasione di incontro e di dialogo tra cristiani appartenenti a comunità ecclesiali diverse: cristiani non ancora giunti a una piena comunione visibile, ma sempre più consapevoli dello scandalo della divisione e sempre più desiderosi che venga presto il giorno in cui potremo condividere l’unica mensa eucaristica.
Ed è proprio sul mistero grande dell’eucaristia che si concentreranno le riflessioni dedicate alla figura e all’opera di Nicola Cabasilas, un laico che visse al cuore stesso delle vicende del suo tempo – il XIV secolo – e del suo mondo, lasciandosene coinvolgere radicalmente. Un laico, cioè un “semplice” cristiano, che tuttavia ci ha lasciato una delle meditazioni più profonde sulla vita spirituale e una delle comprensioni più alte del mistero dell’eucaristia. Una figura non lontana da noi, anzi, un testimone di Cristo che rappresenta ancora oggi un appello e uno stimolo perché ricorda a noi cristiani di questo XXI secolo che le profondità del mistero di Cristo sono accessibili a ogni uomo, in ogni situazione e in ogni tempo, e quale che sia il posto che egli occupa nella società.
Quest’uomo fedele al suo tempo, persona colta e aperta anche al sapere profano, seppe guardare con discernimento ed equilibrio al nuovo che emergeva in quel XIV secolo così ricco di fermenti e di tensioni, a livello culturale come anche a livello politico. Con sorprendente lucidità seppe cogliere il significato che l’eucaristia occupa nella spiritualità del credente, la sua qualità di viatico necessario nella lotta della vita: partecipare all’eucaristia, infatti, non è semplice osservanza di un rito, ma molto di più: suo fine è entrare nella vita di Cristo, nella sua logica, nei suoi pensieri e nei suoi sentimenti; significa esercitarsi, secondo le parole di Cabasilas, “ad avere gli stessi desideri di Cristo e a godere con lui delle stesse gioie”, significa guardare se stessi, gli altri e il mondo con il medesimo sguardo di Dio. Icona tra le più efficaci dell’agire di Dio, del suo amore per l’umanità, del suo chinarsi a guarire l’umanità ferita dal peccato, l’eucaristia è allora il cuore della vita spirituale cristiana, un cuore che attende impaziente che tutti i discepoli del Signore Gesù si possano ritrovare insieme per spezzare il medesimo pane e bere all’unico calice.
Enzo Bianchi
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