Saluti conclusivi
ENZO BIANCHI, fondatore di Bose
Noi speriamo con l’aiuto di Dio di poter vivere ancora questa esperienza del convegno, che cercheremo di tenere come di consueto nella prima settimana di settembre; decideremo il tema insieme col comitato scientifico, ma vogliamo tener conto dei suggerimenti e dei desideri che voi potete esprimere, anche scrivendoci e dandoci delle indicazioni. Il nostro convegno vuole essere a servizio delle Chiese, e allora l’ascolto vostro e dei vostri suggerimenti è essenziale per noi.
XXVI Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa
DISCERNIMENTO E VITA CRISTIANA
Monastero di Bose, 5-8 settembre 2018
in collaborazione con le Chiese ortodosse
Il corpo riceve luce dai due occhi sensibili, mentre gli occhi del cuore sono illuminati dal discernimento (Giovanni Climaco)
ENZO BIANCHI, fondatore di Bose
Amatissimi vescovi!
Cari padri, monaci e monache, cari amici e ospiti!
Il cammino condiviso insieme in questi giorni è stato, possiamo dire, una vera esperienza di lavoro sinodale, di strada fatta insieme, ascoltando ciascuno le ragioni e le preoccupazioni dell’altro, per discernere insieme la volontà del Signore.
Il convegno di quest’anno si è concentrato sul “il discernimento […] come un elemento proprio della vita della Chiesa, preziosissimo dono del Dio suo fondatore”, come lo ha definito Sua Santità Bartolomeo di Costantinopoli nel suo saluto augurale.
Nella nostra era dell’accelerazione, in cui passato e futuro sono sempre più assoggettati alla tirannia del momento, “l’autentico discernimento”, ha ricordato papa Francesco nel suo messaggio al convegno, “richiede di educarsi alla pazienza di Dio e ai suoi tempi, che non sono i nostri”. Occorre allora cercare insieme quei “criteri di discernimento personali e comunitari necessari per raggiungere la conoscenza e la volontà di Dio, nella quale risiede ogni pienezza di vita” e di salvezza (papa Francesco).
Se l’esercizio del discernimento tocca anzitutto la vita personale del cristiano, questa operazione, spesso difficile e faticosa, deve oggi soprattutto estendersi anche alla vita ecclesiale, alle relazioni tra le chiese, e al tempo in cui viviamo. Per questo abbiamo voluto interrogare le vie del discernimento nelle Sante Scritture, nella tradizione dell’oriente cristiano e dei padri monastici, nella costante interrelazione tra queste due dimensioni, personale e comunitaria, verso l’interiorità e verso lo spazio pubblico nel confronto con le scienze umane e gli eventi della storia.
La condizione umana essenziale è quella di scegliere. Il discernimento è precisamente l’arte della scelta, per discernere il tempo presente, il kairós nel quale Dio opera e parla, per discernere i segni tempi, ma anche i segni dei luoghi e giungere quindi al tempo della decisione. Discernere il tempo è soprattutto scommettere sulla vita e non sulla morte: significa aprire un futuro, non condannarsi al passato. Apprendere l’arte del discernimento è imparare a sperare e ad avere fiducia, in Dio e nell’uomo. Questa esigenza del discernimento si fa sempre più urgente e se la Chiesa nel suo passato ha soprattutto meditato ed esperito il discernimento personale, da Origene fino ai nostri giorni, oggi è venuto il tempo soprattutto di ricercare ed esperire il discernimento comunitario, ecclesiale, e di conseguenza sinodale.
Il tempo che abbiamo condiviso, questi giorni di cammino fraterno, sono anche il tempo opportuno e buono, in cui i fratelli e le sorelle si incontrano nel nome del Signore: è il tempo in cui siamo chiamati a discernere, nello Spirito santo, la sua presenza tra di noi. E per questo noi dobbiamo rendere grazie: questo riconoscimento del Signore vivente in mezzo a noi e la sua azione è la condizione perché lo Spirito santo possa operare nelle nostre vite, personali ed ecclesiali, e guidarci verso quell’unità nell’amore che Lui vuole per la sua Chiesa.
È giunto dunque il momento di ringraziare il Signore e tutti voi. Il Signore innanzitutto che rende possibili questi nostri incontri nella pace e nella carità, nell’ascolto reciproco, nel far tacere in noi ogni pregiudizio e nell’essere disponibili a vedere nel fratello il volto del Signore risorto. Quindi ringraziamo davvero il Signore e confessiamo che noi attendiamo tutto da Lui, in attesa del giorno della Parusia, quando lo vedremo faccia a faccia e il Signore risorto sarà tutto in tutti noi.
Ringrazio quindi i vescovi e i rappresentanti delle Chiese qui presenti, che ci hanno seguito e ci seguono con fedeltà: voglio ancora una volta assicurare loro la preghiera costante della mia comunità per il loro ministero e per le loro Chiese. Un grazie fraterno e riconoscente ai monaci e alle monache, venuti spesso da molto lontano, dall’Oriente e dall’Occidente, non di rado da paesi che conoscono la guerra e dove i cristiani sono perseguitati. Queste presenze monastiche ci danno molta gioia con la loro amicizia fedele. Un grazie ai membri del comitato scientifico, e soprattutto ai relatori e al loro lavoro di ricerca, che ha reso fecondo questo nostro incontro. Certamente questo lavoro di ricerca sarà disponibile per tutti nella pubblicazione degli Atti, come sempre per il prossimo anno.
Noi speriamo con l’aiuto di Dio di poter vivere ancora questa esperienza del convegno, che cercheremo di tenere come di consueto nella prima settimana di settembre; decideremo il tema insieme col comitato scientifico, ma vogliamo tener conto dei suggerimenti e dei desideri che voi potete esprimere, anche scrivendoci e dandoci delle indicazioni. Il nostro convegno vuole essere a servizio delle Chiese, e allora l’ascolto vostro e dei vostri suggerimenti è essenziale per noi.
Un ringraziamento agli interpreti e ai tecnici di sala, a quanti ci hanno aiutato a vivere questi giorni in modo proficuo. Un grazie a voi tutti, che ci incoraggiate con la vostra partecipazione a continuare a offrire questo servizio a tutte le Chiese. Un servizio monastico che vuole sempre essere offerto in umiltà e obbedienza al Signore, senza protagonismi e senza desideri di apparire. E un ringraziamento lo esprimo con tutti voi alle mie sorelle e ai miei fratelli del monastero di Bose, perché sempre sanno davvero spendere le loro forze per l’accoglienza, per il servizio che viene offerto in modo che la vostra sosta qui avvenga nella pace, avvenga nella gioia e nella carità. Grazie a tutti e il nostro ringraziamento sarà soprattutto manifestato nell’Eucaristia che celebreremo insieme. Grazie ancora a tutti.