Discernimento e vita cristiana
XXVI Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa
DISCERNIMENTO E VITA CRISTIANA
Monastero di Bose, 5-8 settembre 2018
in collaborazione con le Chiese ortodosse
Osservatore Romano
5 settembre 2018
di FABRIZIO CONTESSA
Il discernimento come dimensione fondamentale della vita cristiana, sia personale che comunitaria. Infatti, così come il Vangelo richiede continuamente la vigilanza sui pensieri e le inclinazioni del proprio cuore allo stesso modo ogni comunità cristiana è sempre sollecitata a discernere i segni dei tempi, contemperando rinnovamento e fedeltà al deposito della fede. È lungo questa prospettiva che, dal 5 all’8 settembre, si snoderà il ventiseiesimo convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa promosso e ospitato dalla Comunità monastica di Bose in collaborazione con le Chiese ortodosse. «Discernimento e vita cristiana» è appunto il tema di questo appuntamento, divenuto ormai una tappa fissa nel collaudato itinerario di dialogo e di amicizia con le Chiese ortodosse.
I lavori, a cui hanno assicurato la partecipazione ecclesiastici ed esperti di rilevanza mondiale come pure delegazioni ecumeniche, saranno aperti da Enzo Bianchi e dal vescovo ortodosso Irinej di Sacramento. Il fondatore del monastero di Bose introdurrà le dimensioni biblica e storica del discernimento commentando l’invito evangelico a discernere i segni dei tempi, mentre il vescovo Irinej aprirà quella patristica e quella ecclesiologica parlando del discernimento ecclesiale in Ireneo da Lione.
Numerosi i messaggi, i saluti e gli attestati di stima che sono già giunti agli organizzatori. In un telegramma a firma del cardinale segretario di stato, Pietro Parolin, il Pontefice invia ai partecipanti all’incontro la benedizione apostolica e il suo cordiale saluto, esortando a considerare che, sulla scorta dell’insegnamento di san Paolo, l’«autentico discernimento», dono dello Spirito santo, «richiede di educarsi alla pazienza di Dio e ai suoi tempi, che non sono i nostri». Pertanto, Papa Francesco auspica che queste «giornate di confronto fraterno possano favorire la ricerca di criteri di discernimento personali e comunitari necessari per raggiungere la conoscenza e la volontà di Dio, nella quale risiede ogni pienezza di vita».
Sul triplice aspetto del discernimento — spirituale, teologico, pastorale — dal punto di vista ecumenico è incentrato il messaggio inviato dal cardinale Kurt Koch. Per il presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, «tutta l’opera ecumenica, nella sua dimensione spirituale, teologica, pastorale, è segnata dalla necessità di discernere, per conoscere meglio le ferite del Corpo del Signore. Forse, mettendo come Tommaso la mano in queste piaghe di Cristo, diventeremo più credenti? Questa potrebbe essere la grazia del movimento ecumenico».
Sulla fondamentale rilevanza del discernimento nell’ordinaria dinamica della vita cristiana è incentrato anche il saluto del patriarca Bartolomeo. Un messaggio non formale in cui il leader ortodosso rimarca come il discernimento appare come «un elemento proprio» della vita della Chiesa, «preziosissimo dono del Dio suo fondatore» e «fondamentale principio soteriologico e pastorale». In questo senso, «il discernimento è una virtù ecclesiale e nutre e ispira tutte le sue manifestazioni e tutti gli ambiti della testimonianza della Chiesa nel mondo». Non solo, esso «è inscindibilmente legato alla libertà in Cristo la quale appartiene all’essenza dell’evangelo e si esprime come “fare la verità nell’amore”, come risposta personale all’amore di Dio».
Dal punto di vista dell’opera pastorale, puntualizza Bartolomeo, «“discernimento” significa che l’uomo viene prima del sabato», nel senso evangelico che «il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato» (Marco, 2, 27). Una verità espressa, sottolinea ancora il patriarca ecumenico di Costantinopoli, «anche attraverso la parabola del buon samaritano, il quale è indicato quale “prossimo” di colui che è caduto nelle mani dei briganti in opposizione al sacerdote e al levita che passano oltre, presi da altre faccende». E ancora: «Il discernimento è conoscenza dei nostri limiti e della nostra realtà di peccato, la convinzione che la perfezione cristiana è la conversione e una profonda umiltà». In questa prospettiva, aggiunge, «la visione legalistica e moralistica travisa il mistero della confessione e del perdono dei peccati ed è estranea alla tradizione ortodossa».
Nella sostanza, sintetizza Bartolomeo, l’intera «vita della chiesa si sviluppa come “discernimento”». Infatti, «il discernimento è richiesto perché possiamo salvare l’autentica tradizione e possiamo dare la bella testimonianza gradita a Cristo nel nostro tempo». Non solo, sempre il discernimento «presuppone, come è stato indicato dal Santo e grande Sinodo della Chiesa ortodossa, l’evangelizzazione del mondo, la missione, che “non deve essere compiuta in modo aggressivo ma nella libertà, nell’amore e nel rispetto dell’identità culturale dei singoli e dei popoli”». Infatti, «richiede discernimento il desiderio di sollecitare il dialogo tra cristiani e il dialogo con le religioni non cristiane come pure l’organizzazione di iniziative comuni e di attività concernenti i grandi problemi contemporanei». E, nell’incontrare il mondo contemporaneo, «che si fonda sui principi dell’autonomia e dell’autodeterminazione, il discernimento degli spiriti è necessario per riconoscere e valorizzare i segni dei tempi e manifestare, in questo ambito, il contenuto salvifico della libertà in Cristo, quale dono della grazia, senza che vengano respinte complessivamente e a priori le conquiste umane della civiltà odierna».
L’auspicio che il convegno di Bose «ricordi con nuova forza ai cristiani i principi ascetici fondamentali del corretto sviluppo spirituale di ogni persona e della società nel suo complesso» è espresso dal patriarca di Mosca Cirillo in un messaggio a firma del metropolita Ilarione, presidente del dipartimento delle relazioni esterne del patriarcato. Dopo aver ricordato come «negli scritti patristici il discernimento spirituale è spesso definito la fonte e la radice di tutte le virtù, il più grande dono della grazia divina, perché aiuta la persona a vivere secondo la volontà di Dio, proteggendola dall’inganno insidioso del diavolo», Ilarione mette in evidenza come «forse mai come oggi il pericolo dell’annebbiamento della coscienza minaccia l’umanità». Infatti, prosegue, «nel mondo contemporaneo, ciascun individuo è investito da un flusso enorme di informazioni, in cui non è sempre facile orientarsi; gli viene imposto uno stile di vita, difficilmente compatibile con l’insegnamento cristiano; innumerevoli tentazioni lo assalgono». E, ricordando come il patriarca Cirillo indichi la particolare rilevanza del discernimento spirituale, si sottolinea come «la missione della Chiesa oggi è proprio quella di insegnare alle giovani generazioni a distinguere il bene dal male, la verità dalle bugie, ciò che veramente vale da ciò che è effimero, transitorio, banale». In questo senso, viene evidenziato, «un lavoro comune in questa direzione può diventare un importante contributo alla cooperazione tra le Chiese nella predicazione del vangelo di Cristo al mondo contemporaneo».
Aspetti evidenziati, nella sostanza, anche nei messaggi inviati dai patriarchi Daniel (Romania) e Teodoro ii (Alessandria d’Egitto) e dal metropolita Onufrij (Kiev). Così come nelle parole inviate dall’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby. «In quanto cristiani che cercano di condurre una vita cristiana sul modello di nostro Signore Gesù Cristo, abbiamo il dovere morale di considerare nelle nostre vite e nel nostro prendere decisioni la volontà di Dio. Ma per farlo abbiamo bisogno del dono del discernimento», scrive il primate della Comunione anglicana, che mette in rilevo come normalmente «i meno potenti hanno meno scelta ed è più facile che siano soggetti alle scelte prese da altri». Per questo, «se una decisione è ben presa, essa è presa dopo aver fatto discernimento della volontà di Dio».
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