1 febbraio

LE CHIESE RICORDANO...

ANGLICANI:
Brigida (+ca. 525), badessa di Kildare

COPTI ED ETIOPICI (23 ṭūbah/ṭerr):
Timoteo, apostolo (Chiesa copta) (vedi al 26 gennaio)

LUTERANI:
Klaus Harms (+ 1855), riformatore della chiesa in Bassa Sassonia

MARONITI:
Eutichiano (III sec.), papa

ORTODOSSI E GRECO-CATTOLICI:
Vigilia del Santo Incontro del Signore Gesù Cristo
Trifone di Lampsaco (+ 250), martire

SIRO-OCCIDENTALI:
Giovanni bar' Abdūn (+ 1033), patriarca di Antiochia

SIRO-ORIENTALI:
Ignazio di Antiochia (+ 110 ca), vescovo e martire (Chiesa malabarese) (vedi al 20 dicembre)

31 marzo

Mat' Marija Skobcova (1891-1945)
monaca e martire

Il 31 marzo 1945 muore a Ravensbrück, in un campo di sterminio nazista, Elizaveta Jur'evna Pilenko, meglio nota con il nome monastico di Mat' Marija.
Elizaveta nacque a Riga, in Lettonia, nel 1891. Trasferitasi a Pietroburgo, ai tempi del liceo e dei primi anni dell'università fu protagonista del vivace dibattito intellettuale e politico che caratterizzava la Russia di inizio Novecento. Compagna di scuola di Marina Cvetaeva, anche Elizaveta amava la poesia. In cerca di qualcosa che potesse soddisfare la sua ricerca di giustizia, si aggregò ai primi rivoluzionari.
Dopo aver sposato in seconde nozze un ufficiale dell'Armata Bianca, Elizaveta emigrò con lui a Parigi nel 1923. Qui ebbe contatti con i maggiori esponenti dell'ortodossia russa in esilio (Bulgakov, Florovskij, e soprattutto Berdjaev, Fedotov e il metropolita Evlogij). Attraversata una profonda crisi spirituale, Elizaveta chiese e ottenne il divorzio, con il consenso della chiesa ortodossa, ed emise i voti monastici nel 1932 nelle mani di Evlogij.
La monaca Mat' Marija - il nome con cui diverrà celebre nella diaspora ortodossa - fondò in quegli anni a Parigi un monastero sui generis, dedito all'accoglienza dei più poveri, provenienti soprattutto dalle file dei numerosi emigrati russi nella capitale francese.
Arrestata nel 1943 per l'aiuto che più volte aveva dato all'espatrio di bambini ebrei, Mat' Marija morì nella camera a gas del campo di Ravensbrück, prendendo il posto di una compagna di prigionia. Mat' Marija narrava così anche con il suo ultimo gesto una vita totalmente donata, senza riserve, a tutti coloro che aveva incontrato.


TRACCE DI LETTURA

Ci sono due modi di vivere:
camminare sulla terra ferma
facendo solo ciò che è giusto e rispettabile,
e così misurare, soppesare, prevedere.
Ma si può anche camminare sulle acque.
E allora non si può più misurare e prevedere
ma bisogna solo credere incessantemente.
Un istante di incredulità e s'incomincia ad affondare.
(Mat' Marija, Diario del 31 agosto 1934)

Tutto è vagliato. È fatto il bilancio.
Batti, campana, l'ultimo tocco.
Ultimo suono per l'ultimo abbandono.
Tutto è vagliato, e nulla più mi trattiene.

Lascio il salario del mondo, la fatica, il commercio,
prendo ali ed impeto,
e dico per sempre: «Nel nome,
nel nome della croce e dei suoi ceppi,
nel nome del supplizio della croce, Signore,
faccio Tuoi tutti i miei giorni».

Ho accolto la vita, Signore,
con amore e con foga ho vissuto;
e con amore ora accolgo la morte.
Ecco, il calice è colmo.
Ai tuoi piedi il calice è sparso.
E ai tuoi piedi ho effuso la vita.
(Mat' Marija, Poesie)


John Donne (1571-1631)
presbitero

Nel marzo del 1631, dopo aver predicato il più bello dei suoi sermoni, si spegne all'età di 59 anni John Donne, presbitero e poeta fra i più grandi della letteratura inglese. Di famiglia cattolica, John era nato nel cuore di Londra, ed era rimasto molto presto orfano di padre. Da ragazzo era stato al tempo stesso uno studente serio e brillante e un ragazzo che amava la bella vita, secondo quanto trapela dai suoi componimenti giovanili.
Passato poco dopo i vent'anni alla Chiesa d'Inghilterra al termine di un lento ripensamento, Donne sposò Ann More, una ragazza ancora minorenne, senza il permesso del suo tutore. Imprigionato, egli perse tutte le prospettive di carriera che gli si erano dischiuse grazie al suo ingegno. Tuttavia, trovò nella famiglia (Ann gli darà dodici figli) un senso pieno per la propria vita. Poeta finissimo, capace di narrare in modo impareggiabile la bellezza dell'amore umano e di quello divino, Donne non scrisse tanto per la pubblicazione quanto per condividere la sua arte con gli amici a lui più cari.
Dopo aver più volte rifiutato l'ordinazione presbiterale che gli veniva offerta, Donne finì per accettarla un anno dopo essere stato eletto in parlamento, su richiesta del re Giacomo in persona. Nell'ultima fase della sua vita, egli impiegò la straordinaria capacità di scrivere che aveva ricevuto in dono per un'intensa attività di predicatore, che lo porterà a diventare decano della cattedrale londinese di San Paolo. I suoi sermoni, splendidi sul piano letterario, ricchissimi di citazioni bibliche e patristiche, costituiranno a lungo un modello di predicazione nella Chiesa d'Inghilterra.


TRACCE DI LETTURA

Se questa stessa notte fosse l'ultima
del mondo? Intagliami nel cuore,
o anima che vi dimori,
il Cristo crocifisso, e dimmi se quel volto
può atterrirti: le lacrime in quegli occhi
placano il lume insostenibile,
sangue profuso dal capo trafitto
spiana il corruccio della fronte.
Può dannarti la lingua che implorava
perdono per lo scorno dei carnefici?
No, no; ma come nell'idolatria
dicevo alle profane amiche:
bellezza di pietà, bruttezza di rigore
è segno certo, così dico a te:
ai mali spiriti spettano membra orrende,
questa forma stupenda mi assicura
una pietosa mente.
(John Donne, Sonetti sacri 13)


PREGHIERA

Dio onnipotente,
che hai illuminato la tua chiesa
attraverso l'insegnamento del tuo servo John Donne,
arricchiscila sempre di più della tua grazia celeste
e suscita in mezzo a noi testimoni fedeli
che attraverso la loro vita e i loro scritti
proclamino la verità della tua salvezza.
Attraverso Gesù Cristo tuo Figlio nostro Signore,
che vive e regna con te,
nell'unità dello Spirito santo,
un solo Dio, ora e sempre.


LETTURE BIBLICHE
Pr 4,1-9; Gv 16,12-15


LE CHIESE RICORDANO...

ANGLICANI:
John Donne, presbitero e poeta

COPTI ED ETIOPICI (22 baramhāt/maggābit):
Cirillo (+ 386/387), vescovo di Gerusalemme (Chiesa copta)

LUTERANI:
Acacio di Melitene (V sec.), vescovo in Armenia

ORTODOSSI E GRECO-CATTOLICI:
Ipazio il Taumaturgo (+ 326 ca), vescovo di Gangra, ieromartire
Nicola Velimirović (+ 1956), vescovo di Ocrida e Žiča (Chiesa serba)

30 marzo

Giovanni Climaco (+ 649 ca)
monaco

Le chiese ortodosse fanno oggi memoria di Giovanni il Sinaita, detto «Climaco».
Poco si sa della vita di questo monaco vissuto tra il VI e il VII secolo. Gli agiografi raccontano che attorno all'età di sedici anni si recò al monastero di Raithu, ai piedi del Sinai, dove Dio aveva rivelato il proprio Nome a Mosè, attratto dalla fama dei monaci del luogo.
Dopo vent'anni trascorsi nella comunità, Giovanni ne visse altrettanti in solitudine. Eletto igumeno del monastero del Sinai quando aveva sessant'anni, egli compose per i suoi discepoli una delle più celebri opere della spiritualità cristiana: la Scala del paradiso, che gli varrà lo pseudonimo di Climaco (da klîmax, «scala»). In essa, Giovanni descrive i gradini che il monaco deve ascendere per giungere all'incontro con Dio, aggiungendo via via, secondo le sue stesse parole, «giorno dopo giorno, fuoco al fuoco e desiderio al desiderio». Il monaco, per il grande maestro sinaita, è un uomo che deve tendere all'hesychía, alla quiete dell'anima, mediante la lotta contro i pensieri malvagi, che si combattono praticando le virtù ad essi contrarie.
Climaco morì verso il 649, e presso gli ortodossi è celebrato solennemente anche la quarta domenica di quaresima.


TRACCE DI LETTURA

La mitezza è lo stato costante dello spirito sempre uguale a se stesso dinanzi agli onori come dinanzi agli insulti. Sicché essa significa pure pregare per il prossimo che ti turba, in tutta tranquillità e serenità. Mitezza perciò vuol dire anche solidità nella pazienza e capacita di amare, in quanto essa è madre di carità, prova di discernimento spirituale. Il Signore, come sta scritto, «insegnerà ai miti le sue vie». La mitezza procura la remissione dei peccati nella preghiera fiduciosa. Essa è come terra disponibile per la fecondazione dello Spirito santo, come sta scritto: «Su chi volgerò lo sguardo, se non su un'anima mite e tranquilla?»
(Giovanni Climaco, La scala del paradiso 24,134)


PREGHIERA

O glorioso padre Giovanni,
purificando l'anima alla fonte delle lacrime,
ti sei levato in volo, o beato,
verso l'amore di Dio e la sua bellezza,
di cui ora giustamente godi senza fine,
nella gioia, insieme ai tuoi compagni di lotta.
Per la sua santa intercessione, o Dio,
abbi pietà di noi e salvaci.


LETTURE BIBLICHE
Ef 5,9-19; Mt 4,25-5,12


LE CHIESE RICORDANO...

COPTI ED ETIOPICI (21 baramhāt/maggābit):
Presenza del Salvatore a Betania (Chiesa copto-ortodossa)

LUTERANI:
Johannes Evangelista Goßner (+ 1858), teologo in Baviera e in Prussia

MARONITI:
Giovanni Climaco, monaco

ORTODOSSI E GRECO-CATTOLICI:
Giovanni Climaco, igumeno
Gabriele Mzire o il Minore (XVIII-XIX sec.), martire (Chiesa georgiana)

29 marzo

LE CHIESE RICORDANO...

COPTI ED ETIOPICI (20 baramhāt/maggābit):
Michele III (+ 899 ca), 56° patriarca di Alessandria (Chiesa copto-ortodossa)

LUTERANI:
Hans Nielsen Hauge (+ 1824), testimone della fede in Norvegia

MARONITI:
Marco, vescovo, e Cirillo (+ 364 ca), diacono, martiri

ORTODOSSI E GRECO-CATTOLICI:
Marco, vescovo di Aretusa, Cirillo, diacono di Eliopoli, e compagni, martiri
Giona, Barachisio e compagni di Persia (+ 327 ca), martiri
Pimen Salos, monaco, e Antonio Meschi (XIII sec.) C(hiesa georgiana)

28 marzo

LE CHIESE RICORDANO...

COPTI ED ETIOPICI (19 baramhāt/maggābit):
Aristobulo (I sec.), uno dei 70 discepoli (Chiesa copta)

LUTERANI:
Ruperto (+ 718), evangelizzatore e vescovo a Salisburgo

MARONITI:
Fileto il Senatore (II sec.), martire

ORTODOSSI E GRECO-CATTOLICI:
Ilarione di Pelecete (+ 754), igumeno e confessore
Bojan «Enravota» (IX sec.), martire (Chiesa bulgara)
Stefano il Taumaturgo (IX sec.), monaco e confessore (Chiesa melkita)

27 marzo

al-Ḥallāğ (+ 922)
giusto tra le genti

All'alba del 27 marzo 922, muore decapitato il maestro sufi al-Ḥallāğ , dopo una notte intera passata in agonia su di un patibolo a forma di croce. Nativo del villaggio persiano di Tūr, Hūsayn ibn Mansūr al-Ḥallāğ era stato educato da giovane nelle scuole coraniche e sufi della sua terra.
Uomo di temperamento forte, al-Ḥallāğ decise di rompere ogni legame col proprio passato per darsi alla predicazione itinerante di una Verità che, pur non posseduta, lo accompagnava ormai come un tormento. Dopo diverse peregrinazioni attraverso l'oriente, al-Ḥallāğ si stabilì a Baghdad e decise di iniziare un pellegrinaggio interiore nel proprio cuore, vera dimora di Dio. La sua identificazione amorosa con l'Amato, meta di ogni sufi, lo portò a formulare insegnamenti ritenuti fortemente sovversivi, fino alla celebre affermazione: «Io sono la Verità», con la quale, lungi dal proclamarsi l'incarnazione di Allāh, egli voleva semplicemente ricordare che solo chi fa totalmente spazio in sé all'Altro può giungere a proclamare l'unità divina e il nome ineffabile di Dio. Ma il suo invito al pellegrinaggio interiore fu inteso come una condanna del pellegrinaggio alla Mecca, pilastro della religione islamica, e al-Ḥallāğ fu condannato a morte.
Nella sua Passione, narrata in modo straordinario dai suoi discepoli, egli poteva così consumare la propria ricerca di Dio, facendo totalmente spazio nella propria vita alla presenza divina nel sacrificio di sè per amore. Come hanno giustamente rilevato alcuni maestri cristiani del nostro tempo, la memoria di al-Ḥallāğ e della sua passione d'amore per l'Unico è uno dei messaggi antidolatrici più forti che la storia delle religioni abbia offerto all'intera umanità.


TRACCE DI LETTURA

Ti fa posto il mio cuore tutto intero,
lì non c'è spazio per cosa creata.
Tra la pelle e le ossa Ti trattengo,
che ne sarà di me se mai Ti perdo?

Il Tuo Spirito s'è impastato col mio,
come l'ambra col muschio odoroso.
Se qualcosa Ti tocca, mi tocca:
non c'è più differenza, perché Tu sei me.

I pellegrini vanno alla Mecca, e io da Chi abita in me,
vittime offrono quelli, io offro il mio sangue e la vita.
C'è chi gira attorno al Suo tempio senza farlo col corpo,
perché gira attorno a Dio stesso, che dal rito lo scioglie.

Ho visto il mio Signore con l'occhio del mio cuore,
Gli ho chiesto: «Chi sei?», m'ha detto: «Tu!».
Il Tuo «dove» non appartiene al «dove»,
ché in Te nessun «dove» esiste.
Né c'è un'immagine da immaginare
che ci faccia scoprir dove Tu sei.
Tu sei Colui che contiene ogni «dove»
fino al «non-dove»: e dove mai sei Tu?
Nel mio estinguermi s'estingue l'estinzione
e nella mia estinzione T'ho trovato
(al-Ḥallāğ , Dīwān)


LE CHIESE RICORDANO...

COPTI ED ETIOPICI (18 baramhāt/maggābit):
Isidoro di Pelusio (+ 433 ca), martire (Chiesa copta)

LUTERANI:
Meister Eckhart (+ 1327), mistico a Strasburgo e a Colonia

MARONITI:
Matrona di Tessalonica (IV sec.), martire

ORTODOSSI E GRECO-CATTOLICI:
Matrona di Tessalonica, martire

26 marzo

Giovanni di Dalyatha (VII-VIII sec.)
monaco

La quarta domenica di quaresima la Chiesa assira fa memoria di Giovanni di Dalyatha, mistico tra i più grandi della storia cristiana.
Giovanni, chiamato anche Saba o il «Vegliardo», nacque nella seconda metà del VII secolo nel villaggio di Ardamust, a nord-ovest di Mossul. Egli fu iniziato allo studio delle Scritture nella scuola del suo villaggio, quindi frequentò il monastero di Apnimaran e, intorno all'anno 700, divenne monaco nel monastero di Mar Yozadaq. Dopo sette anni, si ritirò in solitudine sulla montagna di Dalyatha, forse nei pressi dell'Ararat, e da essa prese il nome.
Negli anni di solitudine, Giovanni approfondì la propria vita spirituale e si esercitò nell'arte della contemplazione, imparando a discernere l'intimo legame tra la creazione e il Creatore, e alimentando il proprio spirito grazie all'incontro quotidiano con la natura e i suoi simboli. Malgrado la lontananza dai suoi simili, egli non perse mai quei tratti di profonda umanità che caratterizzeranno tutti i suoi insegnamenti.
Raggiunto da alcuni discepoli, Giovanni mise per iscritto i frutti della sua profonda esperienza interiore. Influenzato dalle opere di Evagrio, di Macario, di Dionigi Areopagita e di Gregorio di Nissa, egli sottolineò tuttavia in modo ancor più radicale rispetto ai suoi maestri come il grado più elevato della vita cristiana sia quello della carità e dell'amore.
Giovanni morì in una data imprecisata, in quella solitudine in cui più che a fuggire il mondo aveva imparato ad amare ogni creatura.


TRACCE DI LETTURA

I miei occhi sono stati bruciati dalla tua bellezza
ed è stata divelta davanti a me la terra sulla quale avanzavo;
la mia intelligenza è stupita per la meraviglia che è in te
e io, ormai, mi riconosco come uno che non è.
Una fiamma si è accesa nelle mie ossa
e ruscelli sono sgorgati per bagnare l'intera mia carne,
perché non si consumi.
O fornace purificatrice,
nella quale l'Artefice ha mondato la sua creatura!
O abito di luce, che ci hai spogliati della nostra volontà
perché ce ne rivestissimo, ora, nel fuoco!
Signore, lasciami dare ai tuoi figli ciò che è santo,
non è ai cani che lo do.
Gloria a te! Come sono mirabili i tuoi pensieri!
Beati coloro che ti amano,
perché risplendono per la tua bellezza
e tu dai loro in dono te stesso.
Questa è la resurrezione anticipata
di coloro che sono morti in Cristo.
(Giovanni di Dalyatha, Lettere)


LE CHIESE RICORDANO...

ANGLICANI:
Harriet Monsell di Clewer (+ 1883), fondatrice della comunità di San Giovanni Battista

COPTI ED ETIOPICI (17 baramhāt/maggābit):
Lazzaro, amico di Gesù (Chiesa copto-ortodossa)

LUTERANI:
Ludgero (+ 809), evangelizzatore e vescovo in Vestfalia
Karl Schlau (+ 1919), testimone fino al sangue in Lettonia

MARONITI:
Gabriele, arcangelo

ORTODOSSI E GRECO-CATTOLICI:
Sinassi dell'arcangelo Gabriele
Montano e Massima di Sirmio (+ 304 ca), martiri (Chiesa romena)

SIRO-ORIENTALI:
Giovanni di Dalyatha, monaco (Chiesa caldea e assira)