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Una donna, probabilmente una giovane donna, definita da Luca come “una peccatrice di quella città” (Lc 7,37), viene a sapere che Gesù è ospite a pranzo a casa del fariseo Simone. Si procura un vasetto di alabastro pieno di profumo e si reca al banchetto, che possiamo immaginare composto di soli uomini, legati da ruoli e interessi comuni, probabilmente farisei come Simone.
Con audacia lei entra, si rannicchia ai piedi di Gesù e, piangendo, li bagna di lacrime, li asciuga con i capelli, li bacia e li cosparge di profumo.
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Entra in scena, a partire dal capitolo 16 del Primo libro di Samuele, David, il più grande dei re di Israele, celebrato in tutti i tempi per forza, intelligenza, generosità, vena poetica, ma ricordato anche per le sue cadute e le sue colpe. La figura di David sarà importante anche per la storia cristiana: Giuseppe infatti – lo sposo di Maria e padre di Gesù secondo la Legge – discende dalla famiglia di David.
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La regalità di Ester è legata alla libertà interiore di chi si sa amata e custodita: questa consapevolezza non è immediata né facile, è frutto di un lungo lavoro di maturazione. Esito di questo cammino è l’atteggiamento fiero e regale di chi osa un atto vietato dalla legge (presentarsi al re di propria iniziativa), dalle regole, dalla norma, per rispondere a una più profonda coscienza di responsabilità non solo verso di sé, ma anche verso altri.
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I libri di Samuele sono due a partire dalla traduzione greca dei Settanta, ma nascono in origine come un unico libro. Essi raccontano la trasformazione avvenuta nella vita del popolo di Israele, quando cessa di essere un aggregato marginale di tribù e assume l’assetto di un potere politico centralizzato. Le storie di Samuele e di Saul costituiscono, in questo contesto narrativo, un punto di passaggio dall’epoca dei “giudici” a quella dei “re”, per arrivare a David. Il messaggio fondamentale che emerge dall’insieme dei racconti è che l’esercizio del potere deve essere sempre subordinato alla parola del Signore. I primi lettori dei libri di Samuele sono stati probabilmente quei figli di Israele che avevano vissuto l’esilio, la distruzione del tempio e la deportazione a Babilonia.
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