Vita comune e fraternità
Come base e nerbo della nostra vita comune, noi non possiamo non contare che sulla carità fraterna. La comunione alla vita di Dio è la sola fonte di un amore reciproco per la particella della chiesa che noi siamo. Qualunque sia l’aspetto di questo amore che fra di noi abbia bisogno di venir rigenerato, non vi è che questa sorgente capace di rigenerarlo. La fraternità trae forza per noi dall’essere partecipi di un appello comune. La vita comune è sopra ogni altra cosa il terreno dove affonda le sue radici la nostra carità. Nella vita comune noi possiamo soprattutto verificare, fortificare, espandere il nostro stato di carità. Questo non avverrà mai a poco prezzo. Ma ogni difficoltà può essere, con l’aiuto di ognuno, meno difficile per ognuno, come può per ognuno divenire troppo difficile a causa di ognuno. Questa vita non deve renderci giudici gli uni degli altri. Dei fratelli non si giudicano fra di loro, ciò di cui possono dare un giudizio è se la vita di famiglia è lesa, deviata, disonorata. La gravità di un torto che si verifica nel’ambito della vita di una comunità non coincide necessariamente con una colpevolezza. Una piccola inezia può impedire di essere esternamente fedele dopo avere fornito un lungo e prolungato sforzo; una piccola inezia può permettere di essere fedele dopo sforzi minori; soltanto Dio conosce quanto gli è stato rifiutato. Spesso noi dimentichiamo di prendere a nostro carico la piccola inezia che ci ha impedito di essere fedeli fino in fondo nella misura del visibile. “Fare amare l’amore” in ognuno, ad ognuno nella vita comune, è tutta un’arte, una delle arti più belle che esistano. La sua iniziazione sarebbe lunga. Occorrerebbe la volontà di una certa apertura, di una certa attenzione, di scoprire ciò che è “altro” negli altri, persino nelle grazie di Dio.