Testimoni dell’amore di Dio
19 ottobre 2024
Dal Vangelo secondo Luca - Lc 12,8-12 (Lezionario di Bose)
In quel tempo Gesù disse:" 8chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell'uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio; 9ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini, sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio.
10Chiunque parlerà contro il Figlio dell'uomo, gli sarà perdonato; ma a chi bestemmierà lo Spirito Santo, non sarà perdonato.
11Quando vi porteranno davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità, non preoccupatevi di come o di che cosa discolparvi, o di che cosa dire, 12perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire».
Non abbiate paura; valete più di molti passeri. Questo versetto precede il nostro brano e in un certo senso lo illumina. Gesù sta parlando alle folle della franchezza che deve caratterizzare il discepolo capace di una parola autentica e non ipocrita, aperta e non nascosta.
Più volte Gesù ci mette in guardia dalle conseguenze dell’essere discepoli nella storia e nella compagnia degli uomini e delle donne. Il cammino del discepolo è un cammino di persecuzione e di violenza. Gesù non ci promette un mondo ideale, in cui i cosiddetti principi cristiani siano legge universalmente accettata, in cui i suoi discepoli siano da tutti onorati: questo è avvenuto nella storia e ha comportato una serie infinita di orrori e atrocità compiute per difendere tutto questo.
Quello che il vangelo ci annuncia sono persecuzioni, tribunali, l’odio di tutti a causa del suo nome. Ma Gesù ci mostra il modo in cui come suoi discepoli noi dobbiamo stare in un mondo in cui non solo siamo minoranza, ma possiamo (e in alcune parti del mondo lo siamo realmente) essere perseguitati fino alla morte a causa della nostra fede.
Questa dimensione è quella di chi non ha paura perché sa che il Signore è sempre con lui, e che lo Spirito santo, il dono buono per eccellenza, guiderà i suoi passi e le sue parole in ogni situazione della vita. Certo il discepolo non solo non deve avere paura, ma deve riconoscere il Signore davanti agli uomini.
Il vangelo più volte ricorda che non chi dice “Signore, Signore”, ma chi fa la volontà di Dio entrerà nel regno dei cieli, e la sua volontà è che noi lo riconosciamo nei piccoli, nei poveri, nei disprezzati e rifiutati dal mondo e dalla società. La grande pagina del giudizio nel vangelo secondo Matteo (cf. Mt 25) ci dice che il Signore ci riconoscerà se noi lo avremo riconosciuto nell’affamato, nell’assetato, nello straniero che bussa alle nostre porte. Ma non ci riconoscerà per le nostre prediche nelle piazze, per i digiuni e le devozioni, per l’ostentazione della fede e la difesa a oltranza dei principi cosiddetti cristiani.
È significativo che il Signore non si preoccupa neanche che qualcuno possa parlare contro di lui. Non ci è chiesto di difendere la fede, i simboli religiosi, i sacramenti, neanche il vangelo: tutto questo non ha bisogno di essere difeso, la verità che per noi cristiani è solo Gesù Cristo si difende da sola e lo fa sulla croce!
A noi è chiesto di testimoniare l’amore e la misericordia di Dio per tutti gli esseri umani, quell’amore che è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito santo che ci è stato donato.
Essere cristiani in una società che in modo inedito sta cercando con fatica una dimensione etica e morale diversa, nuova, inclusiva, in una società che mette in discussione quelli che per secoli sono stati considerati valori cristiani universalmente riconosciuti, il discepolo non è chiamato a combattere una nuova crociata contro i “nemici della fede”, ma sempre e solo a essere testimone dell’amore e della misericordia di Dio per ogni essere umano senza distinzione e senza pregiudizio. Questa è l’azione dello Spirito che ci spinge alla comunione, al dialogo, all’incontro con chi è diverso da noi non nella paura, ma nella fiducia che insieme possiamo prenderci cura della nostra comune umanità.
fratel Nimal