Attraversare la tempesta con fiducia

Foto di Eric BARBEAU su Unsplash
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Marco 4,35-41

35In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: «Passiamo all'altra riva». 36E, congedata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano anche altre barche con lui. 37Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. 38Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t'importa che siamo perduti?». 39Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. 40Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». 41E furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».


Oggi i discepoli sono di fronte ad un passaggio. Gesù li invita a passare all’altra riva del mare e loro acconsentono senza troppi problemi, restando convinti che sia un normale tratto di strada da compiere. Tuttavia questo passaggio voluto da Gesù stesso ha più significati. Non si tratta solo di attraversare il mare da un punto di vista geografico, ma, come vedremo dal travaglio interiore dei discepoli, anche da un punto di vista esistenziale.

I Dodici obbediscono all’iniziativa di Gesù di andare all’altra sponda e obbediscono anche al modo in cui si pone Gesù stesso: “…lo presero con sé, così com’era…” (Mc 4,36).

Non ci viene descritto lo stato di Gesù, ma possiamo immaginare che fosse stanco dopo la predicazione e l’immagine che viene dopo ce lo conferma. La cosa importante è che i discepoli lo accolgono senza troppe aspettative su di lui: “così com’era”. Tuttavia questa tranquillità e accoglienza fraterna verso Gesù si spezza nel momento in cui i discepoli si sentono minacciati, quando la situazione sfugge dal loro controllo. Il testo parla di “tempesta”, noi possiamo leggere in questo fenomeno uno sconvolgimento non solo del mare, ma anche interiore ed esistenziale dei discepoli.

La tempesta del mare provoca anche una tempesta dei loro pensieri. Essa non permette loro di riconoscere la presenza del Signore anche in un momento difficile come la traversata del mare. Si sentono abbandonati perché cercano un salvatore che stia al loro fianco come loro immaginerebbero, secondo i loro cliché. La loro aspettativa, però, fa sì che il dubbio si impadronisca del loro cuore e la paura non permetta loro ancora di ritrovare la forza in se stessi per non dubitare che il Signore è con loro, o meglio in loro.

Come nella parabola, raccontata poco prima, il seme germoglia e cresce come egli stesso non lo sa, così i discepoli dovrebbero credere che il Signore e la sua presenza sono in loro e che egli e può dare loro la forza di superare le tempeste. Forse non riescono a tenere sotto controllo tutto il procedimento, ma possono fare un gesto di affidamento che permette loro di non essere schiacciati dalla paura.

Gesù si accorge che non è ancora giunto il momento per i discepoli di camminare con le proprie gambe e di credere in se stessi e nel Signore. Non è ancora il momento di compiere quel passaggio all’altra riva che aveva chiesto loro di compiere. Per questo egli stesso prende in mano la situazione e calma il vento e il mare, e calma anche i moti interiori dei discepoli cercando di spingerli a guardare che cosa manca in loro: la fede.

Credere nel Signore vuol dire credere anche in noi, cioè che possiamo portare la presenza del Signore e dunque riconoscere in noi la sua fiducia. Fiducia che ci permette di trovare la forza per superare le nostre tempeste. Forza che non nasce da noi, ma trova la sua sorgente nell’affidamento al Signore. Affidamento non passivo che ci porta ad aspettare una soluzione dall’esterno, ma che ci spinge a chiederci in ogni situazione come avrebbe reagito il Signore per fare noi lo stesso o almeno cercare. 

Alla fine del brano i discepoli si pongono una domanda («Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?»), ma la loro attenzione è attratta dal segno straordinario compiuto da Gesù e non da quanto dice loro. Forse quello su cui devono riflettere è la pace che Gesù prova anche nel momento della tempesta. Pace che sorge a sua volta dalla fede verso il Padre e che è venuto ad infondere anche a noi suoi figli e figlie.

sorella Beatrice