In cosa consiste la semplicità? Sul piano personale nel non avere doppi fini, nel non essere tortuosi, nel presentarsi in autenticità. L’atteggiamento personale di semplicità aiuta molto l’edificazione della vita comunitaria nella serenità, nell’armonia e nella pace. Soprattutto nella verità. Sul piano comunitario la semplicità consiste nell’eliminare, o almeno nel ridurre al minimo, la dicotomia tra immagine esterna e realtà interna, tra immagine e vissuto.
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Radicalità indica ciò che ha a che fare con le radici, con l’essenza intima di una realtà, con la sua verità costitutiva e irrinunciabile, fuori dalla quale tale realtà smentisce se stessa. Non si dà vita comune senza comunione, e dunque senza ricerca di comunione. E questa comunione, che è richiesta a ogni battezzato, è ben specificata nella nostra Regola, per noi che facciamo vita monastica, come radicalità di comunione anzitutto nei beni spirituali e nei beni materiali.
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Il ritiro ci chiede l’attitudine dell’ascolto perché ascoltando una parola monastica che viene da un altro ambiente monastico possiamo guardare alla nostra vita in maniera rinnovata: il fine non è quello di avere informazioni nuove, ma di approfondire, di andare più a fondo di noi stessi, della nostra vita e della nostra vocazione. Non l’esteriore informazione ne è il fine, ma l’interiore trasformazione.
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L’esercizio alla gioia è mettere in pratica la fede, la vita in Cristo. E diviene dono per la comunità. Perché la gioia, la gioia nel Signore, è diffusiva e spande luminosità: anche la gioia edifica la comunità, anche la gioia è obbedienza al Vangelo, anche la gioia nasce dalla fede e la esprime.
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