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Calatrava: riportare il sacro nella quotidianità - La stampa

La Stampa, 7 giugno 2015
di Egle Santolini

Un archistar al monastero, e che archistar. Santiago Calatrava Valls, di ValenCia, 64 anni fra un paio di mesi, alfiere del design organico,autore della Ciutat de les Arts i les Ciències nella sua città e dell'imaginifico Turniog Torso che è poi un grattacielo di Malmo, è arrivato a Bose per il XXI Convegno Liturgico Internazionale circonfuso da una fama di gigantismo e di audacia. Ma anche da quella nuvola polemica che inevitabilmente lo accompagna.
Spende troppo? Osa troppo? Hanno ragione i giornali americani (il New Tork Times e il New York Magazine, per esempio) a scrutinare con ostinazione il suo progetto più ambizioso,"il Path" di New York detto già "Lo stegosauro", quella stazione ferroviaria fulcro del nuovo World Trade Center che dopo 12 anni di lavori sta forse per inaugurarsi e che finirà per costare quattro miliardi di dollari, cioè il doppio del previsto?
Il carismatico hidalgo chiude la bocca alle polemiche nel suo italiano ricco e impeccabile: «Quasi sempre i sovracosti sono legati ad elementi che l'architetto non è in grado di controllare, specie nelle grandi città, specie per i lavori a lunga scadenza». Lui che è conosciuto in Italia soprattutto per il ponte della Costituzione di Venezia (e anche li sono state controversie e battaglie giudiziarie), oltre che per la stazione di Reggio Emilia, nell'atmosfera mistica del monastero è arrivato soprattutto per parlare di un progetto molto speciale, «la prima chiesa che abbia mai costruito».
È quella greco-ortodossa di San Nicola e sorgerà a Ground Zero, dove l'edificio di cui prende il posto, e che portava il medesimo nome, fu distrutto dal crollo della prima torre.

Architetto Calatrava, che cosa significa lavorare su un luogo di impatto storico ed emotivo così alto?
«Intanto occorre definire il contesto. Per 117 anni San Nicola è stato il punto di approdo e di accoglienza per le navi che portavano gli emigranti a NewYork, un posto simbolico, una soglia in qualche modo fisica e metafisica. Dopo 1'11 settembre, la comunità ha sentito subito il bisogno di riempire questo vuoto. E quando ho vinto il concorso è cominciata per me una grande avventura di apprendimento e conoscenza. Vede, mi era capitato moltissime volte di essere. sul punto di progettare un luogo di culto...».

Quando, per esempio?
«Tante che non vale nemmeno la pena di ricordarle, poi è a San Nicola che ora voglio pensare. Però tutte le volte avevo scavato dentro me stesso, trovando nuove ispirazioni. Ora ho potuto finalmente metterle in pratica. Attingendo alla tradizione e, attraverso il dialogo con il capo della comunità, l'arcivescovo Demetrios, proiettandoli nella nostra epoca».

Quali sono gli edifici storici che l'hanno ispirata?
"Anche la basilica di san Marco a Venezia è greca. Anche, a Roma, Santa Maria in Trastevere e Santa Maria in Cosmedin. Il tronco bizantino è quello da cui poi tutto è partito. Da li sono risalito agli esempi primigeni, ad Agia Sofia».

E invece che cosa ci sarà di contemporaneo?
«Ho arricchito il mio vocabolario. Mi sono misurato con elementi per me nuovi, per esempio la cupola, per esempio la necessità di progettare un interno molto diverso dall'esterno. Grandi sfide. Soprattutto. San Nicola sarà un luogo di raccoglimento
spirituale, dove chiunque potrà trovare un minuto di pace o accendere una candela, qualunque sia il suo credo o la sua opinione, che sia buddista o ateo».

Lei si considera un laico?
«Del tutto. Ma penso anche che ciascuno di noi abbia una dimensione spirituale. Basta leggere Platone per convincersene.

Come dialoga il suo San Nicola con la sua monumentale stazione Path del World Trade Center?
«Si somigliano più di quanto sembri. Mi sono dedicato spesso alla progettazione di ponti e di stazioni ferroviarie, luoghi di passaggio, che uniscono le persone, o dove la gente prende commiato, dimostrandosi affetto reciproco. Ora, lavorando a una chiesa, non posso fare a meno di notare che religione deriva da il relegare", creare vincoli. Credo che il senso del sacro possa essere trasferito nel quotidiano, a cui va ridata la più alta dignità. Dal Path passeranno centinaia di migliaia di persone al giorno, un numero impressionante di vite, ciascuna col proprio senso».

Date definitive sull'inaugurazionedella stazione? Si parlava del prossimo dicembre.
«Non sarò così temerario dal confermarglielo. Non dipende da me ma dalla committenza:
lascio che siano il governatore dello Stato di New York e quello del New Jersey a sciogliere la riserva. Ma finalmente stiamo per arrivare alla conclusione. E
la chiesa vorrei tanto che fosse pronta per il 2017».

Senza sforamenti di budget?
A chi mi critica cito l'Università pubblica che ho firmato in Florida un anno fa, premiato come migliore edificio nella categoria educativa e realizzato in regime di totale garanzia di prezzo: "siamo approdati con lo stesso budget previsto all'inizio, e questo è molto spesso possibile. Capita che le condizioni cambino con l'andare del tempo, soprattutto nei progetti a lunga gittata. Ma raramente dipende dai capricci dell'architetto».

Che fine ha fatto il progetto per l'Università di Tor Vergata?
«Credo che chi di dovere si stia spendendo per rimuovere le difficoltà burocratiche e condurlo in porto. Non vedo l'ora di tornare a lavorare in Italia. Ma a un architetto pare una fortuna anche starci poche ore per partecipare a un congresso».

La luce modella il tempio cristiano

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La Stampa, 4 giugno 2015
L'architettura di una chiesa dovrebbe riuscire nell'operazione di rendere possibile che la luce, nella quale «viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (At 17,28), ci riveli chi è la luce del mondo

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La luce rivelò lo spazio sacro

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Avvenire, 4 giugno 2015
L'architettura di una chiesa dovrebbe riuscire nell'operazione di rendere possibile che la luce, nella quale «viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (At 17,28), ci riveli chi è la luce del mondo

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Bose: architettura e liturgia con Calatrava - La Repubblica

La Repubblica, 3 giugno 2015

Si intitola "Architettura della Luce. Arte, spazi,liturgia" il XIII Convegno Liturgico Internazionale organizzato dal Monastero di Bose e dall'Ufficio Nazionale per i Beni Culturali Ecclesiastici della Cei, in collaborazione con il Consiglio Nazionale degli Architetti.
Nella tre giorni di lavori a Bose (4-6 giugno) si parlerà soprattutto di edilizia per il culto, in particolare del rapporto tra luce e funzione estetica. L'architetto Santiago Calatrava racconterà l'esperienza di ricostruzione della chiesa greco ortodossa al World Trade Center di NewYork. Tra gli incontri quello con un'altra archistar, Alvaro Siza, il priore di Bose Enzo Bianchi e il monaco-architetto Philippe Markiewicz.

Sintesi dei lavori del 31 maggio

XII Convegno Liturgico Internazionale Bose, 29 30 31 maggio 2014
LITURGIA E COSMO
Fondamenti cosmologici dell'architettura liturgica
Organizzato dal Monastero di Bose 
in collaborazione con l'Ufficio Nazionale per i Beni Culturali Ecclesiastici
della Conferenza Episcopale Italiana

SINTESI DEI LAVORI DEL SABATO 31 MAGGIO

I lavori della mattinata conclusiva di sabato 31 maggio sono stati inaugurati dalla relazione del Prof. Luigi FUSCO-GIRARD, architetto, docente di Economia urbana ed estimo ambientale, nel Dipartimento di Architettura dell’Università di Napoli Federico II, che ha proposto una panoramica europea esemplificativa del rapporto fra architettura di chiese e sostenibilità. Partendo dall’idea di simbiosi fra natura e manufatto, il relatore ha mostrato come la rigenerazione delle nostre città passi attraverso la metafora della piazza, quale luogo di rigenerazione, di circolarizzazione e di nuove simbiosi, luogo in cui si rigenerano rapporti relazionali, nello scambio fra interessi particolari e generali. Non è sufficiente conservare l’esistente, bisogna rigenerare il capitale esistente; e anche l’architettura di chiese dovrebbe entrare in simbiosi con la natura, la comunità e la città stessa, verso un’auspicabile spiritualità ecologica che unisca uomo, terra, cosmo e Dio.

In seguito, il prof. Andrea LONGHI, docente di Storia dell’architettura ed è membro del collegio della Scuola di specializzazione in Beni architettonici e del paesaggio, presso il Politecnico di Torino, ha animato una tavola rotonda sul tema: Architettura liturgica tra cosmo e società, alla quale hanno preso parte David BANON e Albert GERHARDS, che ricopre l’incarico di Professor für Liturgiewissenschaft und Direktor des Seminars für Liturgiewissenschaft presso la Facoltà cattolica di teologia dell’Università di Bonn. “Le comunità cristiane – ha sintetizzato Andrea Longhi – sono chiamate a seguire il dibattito civile e politico sui temi di ecologia, ambiente, sostenibilità, natura e paesaggio, secondo l’invito conciliare a scrutare e interpretare i segni dei tempi, anche impegnandosi in modo fattivo e offrendo esempi di buone pratiche nelle proprie iniziative architettoniche. La cura del creato e la cura delle comunità impongono scelte architettoniche improntate alla sobrietà, al risparmio, alla sostenibilità e al rispetto del paesaggio, innanzitutto nei nuovi edifici di culto e negli spazi di vita cristiana.

Tuttavia, il servizio che le chiese cristiane possono svolgere è più profondo, e si rivolge alla ricerca di senso relativa all’agire architettonico stesso. Oltre all’etica della sostenibilità, alla sobrietà, al risparmio delle risorse offerte dal creato, si pone un quesito più radicale sui nessi tra coerenza etica e sperimentazione poetica. I committenti e gli artefici possono rendersi promotori di una più ampia attenzione verso gli orizzonti di senso della trasformazione dell’ambiente antropizzato: la teologia deve riflettere non solo sulle chiese e sull’architettura liturgica, ma sulle costruzioni come loci theologici, praticando un pensiero teologico sulle trasformazioni dell’ambiente costruito, su come Dio agisca nell’architettura non-sacra, su come l’architettura non sia solo un ‘esito’ della teologia, ma un ‘fare’ teologia con mezzi espressivi non verbali.

L’architettura liturgica può quindi costituire il terreno privilegiato di sperimentazione, e può insegnare molto all’architettura in generale: la riapertura di un orizzonte cosmico, che superi i limiti di un esasperato antropocentrismo utilitarista o funzionalista, può offrire elementi di riflessione sull’agire costruttivo, in cui l’architettura liturgica sia intesa come laboratorio di sensibilità applicabili in ambiti più vasti”.

Infine, il Priore di Bose, fr. Enzo BIANCHI, ha rivolto ai partecipanti il saluto conclusivo.