La chiamata a seguire Gesù

“E procedendo oltre Gesù vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto alla dogana e gli dice: ‘Seguimi’. Ed egli, alzatosi, lo seguì” (Marco 2,14). Cristo chiama e, senza ulteriore intervento, chi è chiamato obbedisce prontamente. Il discepolo non risponde confessando a parole la sua fede in Gesù, ma con un atto di obbedienza. Com’è possibile questo immediato riscontro dell’obbedienza con la chiamata? Questo fatto urta profondamente la ragione naturale; essa deve sforzarsi a separare questa successione così diretta; qualcosa deve esservi frapposto, qualcosa deve essere spiegato. Bisogna assolutamente trovare un intervento, psicologico stoico. Nulla precede questo incontro nulla segue se non l’obbedienza del chiamato. Il fatto che Gesù è il Cristo gli dà il pieno potere di chiamare e di pretendere obbedienza alla sua parola. Gesù invita a seguirlo, non come maestro e come esempio, ma perché è il Cristo, il Figlio di Dio. E che cosa dice il testo del mood di seguire? Seguimi. Corri dietro me. Ecco tutto. Camminare dietro lui è, in fondo, qualcosa senza contenuto. Non è certo un programma di vita, la cui realizzazione possa sembrare ragionevole; non è una meta, un ideale a cui si possa tendere. Non è una cosa per cui, secondo l’opinione degli uomini, valga la pena impegnare qualcosa, e tanto meno se stessi. Ma che accade? Il chiamato abbandona tutto ciò che possiede, non per compiere un atto particolarmente valido, ma semplicemente a causa di questa chiamata, perché altrimenti non potrebbe seguire Gesù. Si fa un taglio netto e semplicemente ci si incammina. Si è chiamati fuori e bisogna “venire fuori” dall’esistenza condotta fino a questo giorno; si deve “esistere” nel senso più rigoroso della parola. Questo fatto non è una legge generale, ma, anzi, proprio il contrario di ogni legalismo. E di nuovo non è null’altro che il vincolo che lega solo a Gesù Cristo, cioè appunto la completa rottura con ogni piano programmato, ogni aspirazione idealistica, ogni legalismo. Perciò non si può dare altro contenuto, perché Gesù Cristo è l’unico contenuto. Accanto a Gesù non possono esserci altri contenuti: lui stesso è il contenuto (D. Bonhoeffer, Sequela, Queriniana, Brescia 1971, pp. 36-38).

Gesù, un’esistenza plasmata dall’amore

Abbiamo dentro di noi un’aspirazione senza la quale veramente tutta la storia sarebbe già chiusa, l’aspirazione a una forma di esistenza che sia proprio quella in cui l’amore è l’unica legge. Non c’è uomo perverso, posto che si possano usare questi termini, che non abbia in un angolo di sé il sogno di una vita in cui l’unica legge sia l’amore. Nella figura di Gesù noi abbiamo la rappresentazione reale – sia pure filtrata attraverso le testimonianze codificate dei vangeli – di questo modello di esistenza verso cui il fondo della nostra coscienza va come una pietra verso il dentro di gravitazione. Come Giusepe d’Arimatea era “uno che aspettava il regno”, così noi tutti aspettiamo questo regno. C’è in noi questa attesa. Certo, siamo dei disgraziati! Lo attendiamo in questi anni perfino all’ombra dei missili! Forse non ci arriveremo mai, forse fra qualche anno sulla terra ci sarà un palmo di cenere in più e tutto sarà finito. Però esso è possibile. E allora la mai fede è aperta a questa possibilità. Io credo in questo e dico, vedendo consumarsi la vita di Gesù, dell’uomo giusto crocifisso fra due delinquenti,: “costui è veramente il figlio di Dio “ (Marco 14,39). Più che se dicesse ai venti: “fermatevi!” e dicesse ai tumulti delle acque: “placatevi!”, questo è il miracolo dei miracoli, è l’eterno miracolo morale. Il fatto che un’esistenza possa essere plasmata solo dall’amore è un miracolo. Del resto, se vi succede di trovare qualche persona in cui questo avviene anche appena in mood incipiente, voi dite: “ma questo è un miracolo!”. Il miracolo che aspettiamo tutti è il mondo spoglio di violenza, è il mondo animato dall’amore. Lo chiamiamo col nome biblico? Chiamiamolo regno di Dio (E. Balducci, Il Vangelo della pace, Borla, Roma 1987, pp. 118-119).

Per Gesù non c’è posto

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Immaginate un uomo che abbia come sua unica legge l’amore per gli altri, un amore disposto fino al totale dono di sé. Fate camminare quest’uomo dove volete: in un mercato, in una banca, in un parlamento, in un ministero, in una curia ecclesiastica… Fatelo parlare, mettetelo a confronto con le figure che rappresentano le istituzioni che vi ho elencato...

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