Prima ancora che per la sua predicazione, San Domenico era “conosciuto e riconosciuto per la sua preghiera”. Un modo di pregare talmente vivo, ricco di gesti, voce ed emozione, che è stato tramandato fino a noi e riprodotto attraverso una serie di immagini. Catherine Aubin ci ha guidati in un percorso visivo ed esperienziale sui modi di “pregare con il corpo” di Domenico: corpo, sì, ma allo stesso tempo un cammino che è una “pedagogia dell’interiorità” con il fine dell’unificazione spirituale delle diverse dimensioni dell’umano.
E’ così che gesti come l’inchinarsi, il prostrarsi, l’inginocchiarsi, diventano simbolo dell’accoglienza di noi stessi a partire dal nostro limite e contemporaneamente della presenza di Dio in noi; la statura eretta e le braccia alzate ci possono parlare dell’incontro desiderato e vissuto con Cristo; lo stare seduti in ascolto della Parola e il mettersi in cammino verso gli altri per predicare dichiarano l’apertura ad un dono ricevuto e ridonato.
Catherine Aubin è suora domenicana della Congregazione romana di San Domenico. Laureata in psicologia, detiene un dottorato in teologia spirituale. Insegna teologia sacramentale e spirituale alla Pontificia università San Tommaso d’Aquino e all’Istituto di teologia della vita consacrata. Collabora con la Radio Vaticana e fa parte della redazione di Donne chiesa mondo, il mensile dell’Osservatore Romano. Ha appena pubblicato un libro su san Domenico presso le Edizioni Qiqajon: Pregare con il corpo.
“Cosa mantiene unita una comunità? Che cosa permette di mantenere forme di amore e di solidarietà?”. E’ questa la domanda con cui Remo Bodei ha iniziato il suo percorso sulle tracce di Agostino d’Ippona. L’amore, energia che congiunge e ricongiunge, “è come una corda che compone i dissidi”, sana i conflitti esterni e interni, e permette il processo del perdono, sollevandoci dal peso schiacciante del male e consentendoci di ripartire, senza per questo cancellare il ricordo del torto subìto.
La memoria, individuale e collettiva, è stata legata alla percezione di un tempo che secondo Agostino è sempre presente e non scorre come su una linea lasciandosi dietro il passato e “rosicando il futuro”: l’attimo vissuto è percezione, il passato è memoria e il futuro attesa e speranza. La ricerca, dunque, potrà essere condotta dentro noi stessi, nel luogo dove, trovando il proprio essere profondo e “nella compresenza di passato, presente e futuro”, incontriamo anche Dio, “fonte” seppur ancora “ignota”, della nostra felicità.
Remo Bodei è professore di Filosofia presso la University of California a Los Angeles. È uno dei più stimati filosofi contemporanei, ha insegnato alla Scuola Normale Superiore di Pisa e nelle Università di Cambridge, Ottawa, New York, Toronto, Girona, Città del Messico, Berlino. Tra i massimi esperti delle filosofie dell’idealismo classico tedesco e dell’età romantica, si è occupato anche di pensiero utopico e di forme della temporalità nel mondo moderno. Ha inoltre indagato il costituirsi delle filosofie e delle esperienze della soggettività tra mondo moderno e contemporaneo, pervenendo a una riflessione critica sulle forme dell’identità individuale e collettiva. Tra i suoi libri: Ordo amoris (Bologna 1991); Geometria delle passioni (Milano 1991); Il noi diviso (Torino 1998); Destini personali (Milano 2002); Una scintilla di fuoco. Invito alla filosofia (Bologna 2005); Paesaggi sublimi. Gli uomini davanti alla natura selvaggia (Milano 2008); La vita delle cose (Roma-Bari 2009); Ira. La passione furente (Bologna 2011); Immaginare altre vite. Realtà, progetti, desideri (Milano 2013); Generazioni. Età della vita, età delle cose (Roma-Bari 2014); La vita delle cose (Bari-Roma 2014); La filosofia nel Novecento (e oltre) (Milano 2015); Limite (Bologna 2016).
Nella mattinata di domenica 25 settembre il nunzio apostolico in Libano, monsignor Gabriele Caccia, ha tratteggiato brevemente la situazione politica, religiosa e culturale della terra libanese. Come un mosaico, la composizione demografica in Libano è molto variegata: “Non si può dire che vi sia una maggioranza veramente tale e alcune minoranze, piuttosto vi convivono tante diverse minoranze”. Al momento c'è pace, ma si sente il peso dell’instabilità politica.
Terra di altissima alfabetizzazione (93% degli uomini, 87% delle donne), “il Libano è un messaggio di libertà, di dialogo, di fraternità sia per l’oriente che per l’occidente”, ha concluso monsignor Caccia.
Al termine dell’incontro, Mons. Caccia ha presieduto l’eucaristia e ci ha fatto dono anche dell’omelia.
Nella tradizione cristiana giustizia ed ecologia, condivisione della terra e rispetto della terra, attenzione alla vita della natura e cura per la qualità buona della vita umana sono temi strettamente correlati. L’azione messianica di Gesù non riguardava solo il rapporto con gli uomini ma anche con la creazione: Gesù ha amato la terra, si è mostrato un contemplativo della creazione, capace di vedere in essa un dono di Dio e una responsabilità per l’uomo.
Nell’Enciclica Laudato si’ papa Francesco invita a una riflessione a tutto campo sulla questione ecologica e rilancia l’anelito all’uguaglianza e alla fraternità, oscurate dal prevalere dell’individualismo che minaccia le nostre società. Il testo contiene un forte richiamo alla consapevolezza della situazione limite in cui i nostri comportamenti – individuali, collettivi, politici, economici – hanno condotto “nostra madre terra”, e alla responsabilità nei confronti della “casa comune” e delle generazioni a venire.
Di fronte alle incertezze e paure che attanagliano le nuove generazioni, Silvia Vegetti Finzi dice il “bisogno che c’è di trasmissione, di raccontare come in situazioni difficili ce la siamo sempre cavata, anche quando, nel dopoguerra, il nostro paese era un cumulo di macerie”. Per un giovane, infatti, è importante conoscere il passato, affinché si alimenti la speranza nel futuro e sia possibile credere che quello che ora non si ha lo si può attendere.
In questa attesa, che chiede pazienza, si può mettere a frutto le capacità che ciascuno, in maniera diversa, possiede: intelligenze creative, propositive, “che sappiano ribaltare il tavolo”, cioè scorgere possibilità altre dietro il solito, il già visto.
Silvia Vegetti Finzi legge anche alcuni passi del suo ultimo libro “Una bambina senza stella. Le risorse segrete dell’infanzia per superare le difficoltà della vita”: un’autobiografia, parole autorevoli perché vissute, un aiuto a vincere la paura e osare. Osare essere se stessi.
Il terzo incontro del ciclo “Storie d’amore” ha per tema la questione del gender o, per dirlo in italiano, del genere. Chiara Giaccardi, docente presso la Facoltà di lettere e filosofia dell’Università cattolica di Milano, offre agli oltre quattrocento ascoltatori presenti alcune indicazioni metodologiche per muoversi nel campo di questa parola: genere.
Prima di tutto, occorre liberarsi dalla crosta ideologica che la parola ha assunto in un dibattito sempre più polarizzato, e andare all’etimologia: genus, in latino, deriva dal verbo gigno, che significa generare, dare vita. “È una parola che ha in sé la differenza che genera, perché solo la differenza genera: non è un termine di oppressione, ma di vita”.
Inoltre, per affrontare il dibattito sul genere, è imprescindibile distinguere tra natura e cultura: “Troppo spesso, infatti, si è fatto passare per naturale ciò che è culturale”.
Fratel Enzo è intervenuto dopo pranzo, rispondendo alle tante domande che i presenti hanno posto sull’argomento.
Il priore di Bose, fratel Enzo Bianchi, lo presenta come “una delle voci più convincenti sul futuro, dotato di chiarezza di visione sulla nostra società”. Diego Fusaro insegna storia della filosofia presso l’Università San Raffaele di Milano, e si presenta così: “Non amo descrivermi: e, tuttavia, preferisco che a farlo sia io e non il ‘si dice’ di heideggeriana memoria. Mi considero allievo indipendente di Hegel e di Marx, di Gentile e di Gramsci. Intellettuale dissidente e non allineato, sono al di là di destra e sinistra. Ho una passione durevole per la filosofia e un amore sfrenato per il mare, immagine mobile della libertà. Odio gli indifferenti e gli opportunisti”. Durante la mattina Fusaro ha proposto una riflessione critica sulla società odierna, dove il futuro costituisce un orizzonte di senso: nell’immaginario collettivo, il presente tende a farsi eterno, e di conseguenza il futuro si desertifica, viene meno l’ideale di un futuro alternativo. Complice di questo chiudersi dell’orizzonte è la logica della mercificazione, cifra della società capitalistica. Dopo la celebrazione dell’eucaristia, il pranzo e un’ora e mezza di tempo libero, c’è stato spazio per le domande. A chi gli chiede come si costruisce, oggi, una generazione capace di speranza e di azione, risponde che la cultura e la maturazione di un pensiero critico sono, a suo parere, le vie da percorrere.