In questa rubrica giornaliera vi proponiamo la meditazione del Vangelo del giorno preparata da un fratello o una sorella di Bose. Il nostro desiderio è di spezzare il pane quotidiano della parola di Dio, condividendo la lectio divina fatta nella solitudine della cella monastica. Per tutti il fine è quello indicato da Ignazio d’Antiochia, “rifugiarmi nel Vangelo come nella carne di Gesù” (Lettera ai Filadelfiesi).

Le pericopi del vangelo seguono il lezionario proprio del nostro monastero.

Con tutto il cuore

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26 luglio 2025

Matteo ha fin qui presentato l’attività generosa e rassicurante del seminatore e l’accoglienza differenziata e problematica della “Parola del Regno” (v.19). Ora Gesù inizia a descrivere il Regno dei cieli e, con il primo di una serie di paragoni, continua a parlarci del campo in cui viviamo e che siamo, ma portando l’attenzione non tanto sul “dopo” quanto sul “prima”.

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“Potete bere il calice che io sto per bere?”

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25 luglio 2025

Giacomo, figlio di Zebedeo, del quale facciamo memoria oggi, è uno dei primi discepoli scelti da Gesù, insieme con Giovanni, suo fratello, e subito dopo Pietro e Andrea. Tutti e quattro erano pescatori, per cui la loro dimora era praticamente il lago di Tiberiade che gli evangelisti Marco e Matteo preferiscono chiamare “mare di Galilea”, cosa che permette di vedere nella loro chiamata una liberazione dalle potenze del male che in fondo al mare hanno il loro antro. 

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Perché Gesù parla in parabole?

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24 luglio 2025

“Perché parli loro in parabole?” chiedono i discepoli a Gesù; perché non parli in modo chiaro, esplicito, senza simbolismi e analogie, in modo che tutti possano capire? E così potranno accogliere te e il messaggio che tu porti. È qui l’errore: pensare che in tal modo tutti possano capire, pensare che se Gesù non avesse usato le parabole per raccontare il regno di Dio tutti avrebbero capito senz’altro il suo messaggio e allora lo avrebbero accolto.

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Un seme sparso a piene mani

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23 luglio 2025

Il modo di coltivare tipico del medio oriente al tempo di Gesù è molto diverso da quello di oggi, in particolare in occidente. Oggi si cerca la sicurezza che là dove cade il seme il terreno sia fertile perché possa rendere al massimo; nella parabola di Gesù, al contrario, il seme viene sparso ovunque anche in punti in cui è evidente che non potrà crescere niente.

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Il segno di Giona

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21 luglio 2025

L’annuncio di Gesù sull’imminenza del Regno dei Cieli, accompagnato da segni di guarigione, incontrava forti resistenze nella generazione in cui visse. In particolare, i responsabili religiosi del popolo — scribi, farisei e sadducei — lo osteggiavano apertamente e lo rifiutavano. Per questo motivo, troviamo in Gesù anche parole dure di giudizio, come quando rimprovera quella generazione, definendola “perversa e malvagia” (v. 39).

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Un giudizio per la salvezza

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19 luglio 2025

Il Vangelo di oggi consiste nella più lunga citazione dell’Antico Testamento che si legga in Matteo. La citazione è tratta da Isaia, e in particolare da quello che viene impropriamente considerato come il primo “canto del Servo” (Is 42,1-4), benché non si tratti di una confessione personale, ma della presentazione profetica di una figura regale senza nome, che già secondo l’antica esegesi targumica è il Messia: “Ecco, il mio servo”.

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La “spada” della Parola

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14 luglio 2025

Nel capitolo 10 Matteo ci racconta come Gesù chiama a sé i discepoli e li invia, dando loro indicazioni, istruzioni, regole e avvertimenti. Il testo di oggi inizia con un monito molto forte, un annuncio che ci scuote: “Non sono venuto a portare pace, ma una spada” (v. 34). Sembra quasi una contraddizione nell’annuncio dell’evangelo, una parola dura che ci tocca e ci pone la domanda: “Perché Gesù ci dice questa parola?”

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Non temete!

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12 luglio 2025

Il brano di oggi, che è strettamente legato a quanto lo precede circa le persecuzioni annunciate ai discepoli, ci dice innanzitutto che queste fanno parte della sequela perché «un discepolo non è da più del maestro […] se hanno chiamato Beelzebul il padrone di casa, quanto più i suoi famigliari!» (v.24). Accanto però all’ineluttabilità del male Gesù per tre volte ci dice di “non temere” (v. 26, v.28, v.31).

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