Gioia contagiosa
Essere nella gioia quando le circostanze esterne, la vita comune, inducono a tristezza e provocano sofferenza, significa vivere la resurrezione, vincere noi stessi, vincere il nostro umore e il nostro psichismo
Essere nella gioia quando le circostanze esterne, la vita comune, inducono a tristezza e provocano sofferenza, significa vivere la resurrezione, vincere noi stessi, vincere il nostro umore e il nostro psichismo
La Regola ci mette in guardia dalla tentazione dell’ipocrisia, del fare della vita monastica una maschera, un insieme di prestazioni che devono essere ammirate, viste, e il cui ultimo destinatario non è il Signore, ma la gente
Vita comune, celibato, povertà, obbedienza sono quattro pilastri che sottostanno e danno qualità monastica alla liturgia, che è dimensione che appartiene alla chiesa tutta, al lavoro, che è dimensione propria di ogni uomo, e all’ospitalità che pure è dimensione umana universale e di ogni cristiano
Solo l’orizzonte di attesa e di speranza crea la coesione profonda della comunità nell’oggi sull’essenziale… L’unità della comunità dipende anche da ciò che ciascuno nutre nel proprio cuore come speranza per sé e per la propria vita
In comunità ci è stato trasmesso di amare le creature, ovvero, di averne cura, di aver rispetto degli animali e degli alberi, dei fiori e dei frutti, della terra, dei sassi, dei corsi d’acqua. L’ambiente è il nostro prossimo. E come il prossimo va amato.
Amare la comunità significa anche riconoscere e amare quel corpo comunitario che non equivale alla somma dei singoli, ma la supera ampiamente, essendo l’alveo dell’azione del Signore la cui potenza ed eloquenza vanno infinitamente oltre la somma delle capacità di ciascuno…
Il comando di amare i fratelli, la comunità è un appello insistito, ripetuto, quasi accorato, memore del fatto che il grande rischio, la vera catastrofe di una vita cristiana è il raffreddarsi e il venir meno dell’amore reciproco (cf. Mt 24,12)