Terra...casa comune
Un racconto riferisce di un eremita cui uno zelante visitatore chiese: “Tu cosa fai veramente?”. L’eremita rispose: “Vivo qui”. Vivere qui è una chiamata, l’opera di una vita, ma anche la cosa più basilare che si possa immaginare. Prima di ogni altra cosa noi viviamo sulla terra; viviamo nell’ambiente che ci attornia. Ma oggi abbiamo sempre più l’impressione che questo terreno di base sprofondi sotto i nostri piedi. Quando parliamo del nostro ambiente lo facciamo quasi sempre in un contesto di crisi, di degrado, di danno o di perdita. Tutto d’un tratto il semplice compito di vivere da esseri umani sulla terra sembra enormemente problematico e complicato …
Nel più innocente come nel più sinistro esempio dei tentativi di controllare il nostro ambiente c’è un’incapacità di rendersi conto dell’esistenza di un quadro più ampio. C’è poco il senso che si esiste in relazione a tutti gli altri. Le questioni ambientali sono per definizione attinenti al quadro più ampio, al nostro essere in relazione. Forse come mai prima d’ora, esse ci mettono di fronte alla cruda realtà della nostra essenziale interdipendenza. Vien fuori che quasi nulla di ciò che facciamo (il luogo in cui viviamo, quanto lontano viaggiamo e con quali mezzi, quale cibo e quali altri prodotti comperiamo) è una faccenda puramente privata. Nel momento in cui cominciamo a esplorare gli effetti delle nostre scelte apparentemente più banali, ci accorgiamo di come ogni cosa finisca per toccare ogni altra persona e cosa. Per un cristiano questo quadro della realtà dovrebbe suonare abbastanza familiare. Noi siamo membri di un unico corpo; preghiamo il “Padre nostro”, non il “Padre mio”. Ci sono state date delle responsabilità entro il mondo del Padre nostro; soprattutto siamo responsabili gli uni degli altri, del “portare i pesi gli uni degli altri” (cf. Gal 6,2).
In questo contesto non possiamo rifare impunemente il mondo a nostro piacere. Non siamo noi i detentori finali del controllo sulla natura: con tutta la nostra creatività, rimaniamo pur sempre creature, viventi in un mondo che è anch’esso creazione di Dio. E dovrebbe essere chiaro fin dall’inizio che “creazione di Dio” non è soltanto un pio sinonimo di “ambiente” … Possiamo parlare del nostro vivere nella creazione nel senso in cui parliamo del nostro crescere in una famiglia: riferendoci non a una sorta di contenitore o di scenario distinto da noi, ma a un complesso più vasto di cui noi formiamo una parte. Prima di poter costruire un corretto atteggiamento nei confronti dell’ambiente che ci attornia, dobbiamo giungere a una corretta comprensione della totalità cui entrambi apparteniamo, dell’ordine creato.
Molti oggi riconoscono che la crisi ambientale ha radici spirituali profonde, avendo a che fare con il modo in cui noi uomini vediamo noi stessi e la nostra collocazione nella natura … Se la distruzione su vasta scala della creazione di Dio è giunta solo con il rimpicciolimento della visione cristiana e la crescente frammentazione del mondo cristiano, una pienezza di visione cristiana potrebbe essere in grado di indirizzarci su un cammino migliore.